La lezione dell’Austria
Era il 6 settembre del 2015. Il Papa durante l’Angelus disse: “Ogni parrocchia ospiti una famiglia di profughi”. Il Vaticano ne accolse due, di famiglie. Le parrocchie, di profughi, ne ospitarono poche. Quell’appello fu inascoltato proprio dal Sistema Paese del Papa. Quando il Pontefice va a Lesbo, invoca l’accoglienza e porta 12 profughi siriani, fatto salvo il messaggio universale, che è proprio della Chiesa, Francesco si rivolge in primis alle parrocchie (in Europa) un po’ allergiche alla sua missione delle braccia aperte. Ma quello che ci colpisce di più è il microcosmo delle code di paglia della politica nostrana. Nel 2015 il senso comune, di fronte ai continui appelli misericordiosi del Papa, si domandò: ma la Chiesa che fa? Oggi la politica, timorosa di peccare sulla via del buon cristiano, abbraccia gli inviti del Pontefice. Il Papa, quando apre bocca, parla al mondo, d’accordo, ma anche a quella piattaforma cattolica del Vecchio Continente che va per suo conto o lo ascolta stando nell’androne dell’ipocrisia.
Sarebbe cosa buona e giusta tenere ben distinta la laicità degli stati dalla Chiesa (o dalle Chiese). La politica ha ruoli e funzioni nutrite di realismo – in molti casi non ancora pervenuto – , mentre la Chiesa ha il compito di proseguire nella sua corsa misericordiosa, versione elemosina e povertà, fortemente inascoltata e impopolare tra i militanti-fedeli che abitano nell’Europa disattenta alla missione del Vescovo di Roma. La commistione, il melange tra politica e religione, politica e Papa Francesco, non è fruttuosa soprattutto per chi deve cercare delle soluzioni pratiche che, lo riscriviamo, ancora non arrivano, anche perché un esodo di queste proporzioni, così intricato, diverso, complicato, riversato su una situazione politica, finanziaria dei paesi europei, non si era mai visto fino ad ora. Di fronte ai migranti dividere il mondo tra buoni (coloro che accolgono) e cattivi (quelli dei muri) è una modalità che non ci convince. Se non è un problema della Chiesa trovare soluzioni (anche se Papa Francesco è il pontefice più politico del dopoguerra) non è ruolo guida della politica sposare, a senso unico, gli appelli religiosi. La politica vive di consenso: un consenso che contempla, ne ha pieno diritto, la valutazione che i cittadini fanno sulle classi dirigenti e sulle soluzioni che la politica trova, su un range a estuario, dalla sicurezza al lavoro, scansando gli inviti, fine a sé stessi, all’accoglienza. Le risposte che mancano. La vittoria dell’ultra destra in Austria dice qualcosa?
MAURIZIO GUANDALINI
Economista e giornalista
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