Maurizio Zuccari
6:34 pm, 21 Aprile 16 calendario

Soldati a Mosul, chiacchiere

Di: Redazione Metronews
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Ricordate “Pacco, doppio pacco e contropaccotto”, l’ultimo film di Nanni Loy dove geni della truffa napoletana ne inventano mille e una per gabbare il prossimo? Qualcosa di simile sta accadendo a Mosul, a proposito dell’omonima diga a nord della capitale del califfato d’Iraq.
Talmente fatiscente da essere a rischio crollo e far ipotizzare scenari biblici, un nuovo diluvio nella piane irachene, a dire degli allarmati dossier Usa. Che hanno spinto il governo di Baghdad a chiedere un prestito alla Banca mondiale – da restituire con gli interessi – per mettere in sicurezza gli impianti.
Unica a presentarsi e vincere la gara d’appalto la Trevi di Cesena, per un importo inferiore a 300 milioni di dollari. Ben distanti dai 2 miliardi dichiarati dal premier Renzi a “Porta a Porta”, ventilando l’operazione.
Sono al via i sopralluoghi per i lavori che la settantina di tecnici realizzeranno con le maestranze locali in “condizioni non permissive”, come le menti dello stato maggiore hanno ribattezzato le operazioni in zona di guerra.
A pochi chilometri c’è la prima linea dell’Isis, quindi l’azienda italiana opererà sotto buona scorta di un battaglione forte di quasi 500 uomini, elicotteri da combattimento, carri armati e semoventi, senza considerare il personale d’intelligence e i peshmerga curdi già di guardia agli impianti.
Aggiunti agli oltre 800 sul posto, faranno di quello italiano il contingente straniero più corposo tra quelli tuttora in Iraq, mercenari a parte. E già nel mirino dei radicali islamici d’ogni sorta e delle milizie locali, oltre che dell’Isis. Costo dell’operazione, almeno 50 milioni l’anno, senza considerare spese di trasporto e combattimento, stimate dieci volte tanto. Vale a dire il doppio della commessa vinta. E questo è il pacco. 
La necessità di soldati in loco sono chiacchiere e la diga è arcisicura, assicura Riad Ezziddine, direttore della struttura. Non abbiamo bisogno di truppe straniere per salvaguardare gli impianti e chi ci lavora, gli fa eco da Baghdad il ministro delle Risorse idriche Mushsin Al Shammary. Tanto più che a proteggere tecnici e operai della Trevi non saranno bersaglieri e obici, ma i contractor della britannica Pilgrims. Ecco il doppio pacco.
E allora, che ci vanno a fare gli italiani in Iraq? Considerato che gli Usa blaterano di riconquistare Mosul da un anno, e dei 50mila uomini che l’Iraq avrebbe dato non c’è traccia, pure gli italiani tornano utili. Per un contropaccotto che al paragone il paccobombardiere F35 impallidisce. 
 

21 Aprile 2016
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