AMBIENTE
11:27 am, 11 Aprile 16 calendario

Così le città resistono al clima che cambia

Di: Redazione Metronews
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ROMA. Le aree urbanizzate sono la parte del Pianeta dove si pagheranno i costi sociali maggiori del riscaldamento globale. Assumere la questione dell’adattamento ai cambiamenti climatici nella pianificazione territoriale e urbanistica delle nostre città è quindi sempre più urgente. Questo processo  già iniziato in diversiPaesi, dove sono stati elaborati progetti che evidenziano un profondo  cambio di impostazione per l’urbanistica. Se ne parla nell’ultimo numero di Altreconomia.it, con un reportage dedicato appunto alle “Città che resistono”. Un viaggio nei centri urbani più sostenibili e resilienti d’Europa dove di fronte ai cambiamenti climatici si sono progettate «risposte sociali, economiche e ambientali innovative». Il viaggio comincia da Rotterdam, nei Paesi Bassi, e si ferma a Bologna, una delle pochissime città italiane che ha già uno strumento per migliorare la resilienza climatica. Rotterdam è anche una delle “100 Resilient Cities”, il progetto promosso dalla Rockfeller Foundation nel 2013, dopo l’uragano Sandy di New York. Cento milioni di dollari da distribuire a 100 città per sviluppare una strategia per la resilienza (ovvero l’adattamento) territoriale. In Italia, Roma e Milano partecipano al progetto, per il momento solo con studi di valutazione. 
A Bologna il piano di adattamento ai cambiamenti climatici è stato invece finanziato con 1 milione di euro dall’Ue nell’ambito del progetto Blue Ap avviato nel 2012. Siccità, carenza idrica e ondate di calore sono le tre vulerabilità a cui il territoriao bolognese ha cercato di fare fronte in modo resiliente. Come? Per esempio con la riduzione dei prelievi di risorse idriche naturali, la regolazione delle portate del Reno, il greening degli edifici pubblici e privati, la valorizzazione delle aree verdi estensive, la realizzazione di parcheggi permeabili.
“Obbligare i Comuni a pianificare”
Architetto e urbanista, Francesco Musco è professore presso l’Università Iuav di Venezia, dove insegna Pianificazione ambientale e Progettazione del territorio per i cambiamenti Climatici.
Professore, si parla tanto del clima che cambia le nostre città, ma non sono le città che cambiano il clima?
La corrispondenza è biunivoca. Oltre l’80% della popolazione mondiale vive in aree urbanizzate, quindi è naturale che la gran parte delle emissioni e dei consumi energetici avvengano nelle città.  
Il problema quindi qual è?
È vero che l’ambiente antropizzato ha cambiato e sta cambiando il clima, ma è anche vero che stiamo assistendo all’acuizzazione di alcuni fenomeni atmosferici estremi, come picchi di calore o precipitazioni intense. Fenomeni a cui le nostre città non sono in grado di rispondere.
 
Ci faccia un esempio…
Un conto è che la stessa quantità di pioggia cada in 30 giorni, un conto che sia distribuita in 6 mesi. C’è un problema di infrastrutture urbane che non sono in grado di reagire in modo resiliente alla variazione degli eventi climatici estremi. Che siano le piogge estreme o le ondate di calore o l’erosione costiera…
Come adattarsi al cambiamento climatico?
La sola mitigazione, cioè l’abbattimento delle emissioni clima alteranti, non basta. C’è un problema di adattamento dei sistemi urbani. Di resilienza appunto. Essere resilienti non vuol dire fare gli ambientalisti, ma pensare all’efficienza economica e sociale.   
L’Italia lo sta facendo?
La strategia nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici stenta a decollare. A differenza di quanto avviene in altri Paesi, da noi non sono le istituzioni ad occuparsi di progettazione urbanistica “resiliente”. Il ministero dell’Ambiente se ne occupa ma solo a livello nazionale e non locale… Si tratta per lo più di iniziative volontaristiche. Bisognerebbe invece obbligare i Comuni a effettuare la pianificazione senza prescindere dal clima e con una visione a medio- lungo termine.
Un esempio?
Il verde pubblico, per esempio, non deve essere più considerato per il suo valore estetico. Con gli strumenti satellitari che ci indicano dove le città si surriscaldano di più,  siamo in grado di capire dove piantumare nuova vegetazione, ma siamo anche in grado di stabilire se la pavimentazione di una piazza va fatta in un materiale riflettente, altrimenti quella piazza sarà infrequentabile d’estate.
SERENA BOURNENS

11 Aprile 2016
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