Fbi forza da sola l’iPhone Apple vuole sapere come
USA Il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha comunicato che l’Fbi è entrato nell’iPhone utilizzato da Syed Rizwan Farook, l’autore della sparatoria nella città californiana di San Bernardino lo scorso dicembre, e dunque non avrà più bisogno dell’aiuto di Apple per sbloccare il dispositivo. «L’Fbi ha effettuato con successo l’accesso nei dati memorizzati sull’iPhone del terrorista – ha detto la portavoce del Dipartimento di giustizia, Melanie Newman – e, di conseguenza, non ha più bisogno dell’aiuto di Apple». Così il Dipartimento ha deciso di ritirare la causa legale che aveva intentato per indurre la società di Cupertino a collaborare in nome della sicurezza nazionale.
Il braccio di ferro prosegue
Ma i giochi non sono affatto chiusi, perchè è scattato il contrattacco della Apple. La società – come aveva messo in chiaro sin dall’inizio del braccio di ferro – ora pretende di sapere dai federali quale metodo sia stato utilizzato per forzare il sistema operativo dell’iPhone. «Con l’apertura di una backdoor si è creato un pericoloso precedente e questo caso non avrebbe mai dovuto essere aperto – ha protestato Apple – crediamo profondamente che le persone negli Usa e in tutto il mondo abbiano il diritto alla protezione di dati, sicurezza e privacy». Per questo la battaglia legale con l’Fbi non sembra affatto terminata. Il governo, infatti, sarebbe pronto ad opporre un ferreo “top secret” alla richiesta di rivelare il metodo utilizzato e questo potrebbe provocare una controdenuncia da parte del colosso di Cupertino.
Una lunga vertenza
Lo scontro tra governo e Apple è iniziato quando la giudice federale Shery Pym ha ordinato alla società, a metà febbraio, di aiutare l’Fbi ad accedere ai dati del telefono dell’autore della sparatoria nella quale morirono 14 persone e sul quale si indaga per terrorismo. Apple ha risposto negativamente, sostenendo che così facendo si sarebbe messa a repentaglio la sicurezza di tutti gli iPhone. Allora il governo Usa ha fatto ricorso a quella che ha definito «la creatività sia del settore pubblico che privato».
Lo zampino dell’israeliana Cellebrite
Sono in molti a cercare di capire quale sia stata la “terza parte” che ha dato una mano risolutiva all’Fbi. Si parlava di hacker, ma ora spunta un’altra pista. Secondo i media israeliani c’è stato lo zampino della società di cybersicurezza Cellebrite, di proprietà della giapponese Sun Corporation ma con sede a Petah Tikva in Israele. Sarebbe l’unica in grado di sbloccare, attraverso l’hardware, il sistema operativo iOs 9. È la stessa società che aiutato il Tribunale di Milano per forzare l’iPhone di Alex Boettcher, l’uomo accusato di aver sfregiato con l’acido gli ex della sua amante Martina Levato.
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