Droga
8:59 pm, 7 Marzo 16 calendario

Ragazzo ucciso a Roma per vedere l’effetto che fa

Di: Redazione Metronews
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ROMA «Volevamo uccidere qualcuno. Volevamo vedere l’effetto che fa. Eravamo usciti in macchina la sera prima sperando di incontrare qualcuno. Poi abbiamo pensato a Luca che il mio amico conosceva». Sono le parole che Manuel Foffo, 30 anni, ha riferito al pm dopo aver assassinato assieme a Marco Prato il 23enne Luca Varani, attirato con la scusa di prendere parte a un festino a base di alcol e droga. Quella di Varani è stata una morte orribile, giunta dopo una lunga agonia: seviziato, torturato e poi massacrato a coltellate e a colpi di martello. La morte risalirebbe a venerdi mattina ma il cadavere è stato trovato dai militari di piazza Dante soltanto sabato sera, dopo che Foffo, su consiglio del padre, si è costituito. Subito dopo l’assassinio, Prato aveva preferito trovare rifugio in un hotel di piazza Bologna dove ha tentato il suicidio.  Secondo il pm, è stato un omicidio premeditato, aggravato dalla crudeltà, dalle sevizie e dai futili motivi. I due torturatori, che avevano comprato ingenti quantità di droga, hanno dato alla vittima qualcosa che lo ha stordito, e a quel punto si sono accaniti senza pietà sul corpo «per vedere l’effetto che fa».
“Poliabuso, effetti devastanti”
L’omicidio del ragazzo di 23 anni ucciso a Roma da due conoscenti «è il drammatico epilogo del poliabuso di cocaina e alcol. Ormai oltre il 75% dei consumatori di cocaina usa anche alcol e viceversa e l’effetto sul controllo degli impulsi è devastante». Lo dice Claudio Mencacci, presidente della Società Italiana di Psichiatria che spiega come «la cocaetilene, composto che si forma a livello epatico da questa combinazione, conduce a una perdita totale degli impulsi». Una sorta di «anestesia emotiva», spiega Mencacci, che spiegherebbe «l’accanimento sul corpo, che diventa come un bamboccio, un cuscino». ” ltri due elementi fondamentali che possono contribuire a esiti così violenti «sono la personalità di chi abusa di queste sostanze e l’ambiente sociale», aggiunge lo psichiatra Alfio Lucchini, past presidente di Federserd. «Ci deve essere già un’impronta aggressiva  nella personalità di un individuo che arriva a compiere un atto così violento e la situazione sociale del momento può influire significativamente».  
METRO
 

7 Marzo 2016
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