Giampiero Gramaglia
5:38 pm, 2 Marzo 16 calendario

Usa 2016: Super Martedì Hillary e Donald corrono da soli

Di: Redazione Metronews
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La corsa alla nomination è ancora lunga, di qui alle convention di fine luglio. Ma Hillary Clinton e Donald Trump potrebbero presto restare i soli a correrla, perché, se continuano su questi ritmi, entro un mese avranno ottenuto i delegati necessari: l’impressione è che non li fermi più nessuno, di certo nessuno dei loro attuali rivali. Subito dopo il Super-Martedì, dove dominano primarie e assemblee, parlano già da candidati e, quindi, da avversari per la Casa Bianca.
Intorno a Hillary, sorrisi ed entusiasmo: lei non deve temere sgambetti, ma deve piuttosto stare attenta a schivare lo scheletro che potrebbe caderle addosso da uno dei suoi armadi ben forniti. Intorno a Donald, i musi lunghi dei notabili di partito e dei conservatori moderati: non lo vogliono come candidato, perché non li rappresenta e perché – dicono – farebbe loro perdere le elezioni e cercano di farlo sparire tirando fuori un coniglio dal cilindro della politica (Mitt Romney?).
I repubblicani votavano in 13 Stati, i democratici in 11, oltre che nel territorio delle Isole Samoa (e all’estero, anche in Italia): i delegati in palio erano rispettivamente 595, quasi la metà dei 1.237 che ci vogliono per la nomination, e 865 fra i democratici, oltre un terzo dei 2.382 necessari.
Trump e la Clinton vincono ciascuno sette Stati. Agli altri, lasciano le briciole. Fra i democratici, Bernie Sanders vince nel suo Vermont e pure in Oklahoma, Minnesota e Colorado, cioè dove c’è una popolazione essenzialmente bianca. Fra i repubblicani, Ted Cruz vince nel suo Texas e nell’Oklahoma confinante, oltre che in Alaska, mentre Marco Rubio vince finalmente in uno Stato, il Minnesota.
I commenti dei battistrada arrivano dalla Florida, dove già preparano il match del 15 marzo, e sono reciproche frecciate. Hillary dice: “Questo Paese appartiene a tutti noi, non solo a chi guarda in una sola direzione, prega in una direzione o pensa in una direzione” (un identikit di Trump). Il magnate la chiama in causa per lo scandalo delle mail dall’account privato quando era segretario di Stato: “Un atto criminale”; e poi cerca di accreditarsi come “un conservatore di buon senso”, “uno che unisce”, per evitare di spaventare i moderati. Ma non fa un passo indietro sul muro anti-immigrati sul confine con il Messico, che sarà “come la Muraglia cinese”: una risposta vecchia di 2400 anni e inefficace già allora.
GIAMPIERO GRAMAGLIA
Giornalista

2 Marzo 2016
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