TONY SACCUCCI
4:00 pm, 1 Dicembre 15 calendario

Scuola, occupazione fine a se stessa

Di: Redazione Metronews
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Insegno storia e provo a insegnare a filosofare al liceo Mamiani di Roma. Uno dei licei più importanti d’Italia. Mercoledì scorso stavo là, su viale delle Milizie. A ricreazione c’era movimento. Un bravo ragazzo dai lunghi capelli arringava la folla senza microfono. Ho capito un “contro la 107…” e un “ci vogliono schiavizzare con l’alternanza scuola-lavoro”. Poi un gruppo si è diretto verso l’atrio al coro di “Dacce le chiavi…” rivolto alla preside.
Non erano tanti rispetto al resto. E il resto degli studenti era contrario, incuriosito, indifferente. Tanto che la ressa era dovuta agli spettatori. Ho chiesto a un mio studente convinto sostenitore dell’occupazione Perché volete occupare? Perché la scuola deve lasciare aperti i cancelli fino alle 8 e 15. Ah… Allora l’ho chiesto a un altro. Per cambiare la 107, risposta. Occupando una scuola cambia la 107? No, tutte. E con quante scuole siete in contatto? Con nessuna. Ok. Chiedo a un altro che sta per parlare al microfono: “Ma ce l’avete un manifesto di rivendicazione?” No.
Nel giro di un’oretta e mezza, con la polizia in arrivo, la “protesta” si è sgonfiata. Perché non era voluta dalla stragrande maggioranza degli studenti che, malgrado i tromboni che vedono le nuove generazioni vuote e dedite allo smanettamento compulsivo, ha valutato politicamente inconcludente un’occupazione in quei termini e di questi tempi.
Non ho dato peso a una cosa che ho annoverato tra normali atteggiamenti da adolescenti in cerca d’identità. Due orette di psicanalisi di gruppo. Sempre utili, per carità. Ma quando il giorno dopo sul Corriere della Sera ho letto un articolo sull’accaduto mi sono intristito. Perché l’accaduto non meritava un articolo, ché spacciare per politico lo psicologico è cattiva informazione. E allora da editorialista di Metro e da docente del Mamiani ho sentito il dovere kantiano di riportare la questione nei termini della realtà, meno clamorosa e più umile. Ma non per questo meno vera.
Non me ne vogliano quelle poche decine di studenti se non considero la loro protesta una forma di lotta politica e la individuo, invece, quella lotta, nella scelta della maggioranza che ha impedito un grossolano errore: lo stantio rituale dell’occupazione per l’occupazione.
 
TONY SACCUCCI
insegnante e scrittore

1 Dicembre 2015
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