Osvaldo Baldacci
9:13 pm, 25 Novembre 15 calendario

Bomba o non bomba? Sull’Isis domande sbagliate

Di: Redazione Metronews
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OPINIONE Rispondere agli attentati intensificando i bombardamenti su Siria e Iraq o no? Mandare truppe di terra o no? Siamo in guerra o no? Domande che attraversano il dibattito politico occidentale e appassionano anche la cittadinanza, sull’onda dell’emozione di Parigi. Domande con risposte che dividono. Domande però sbagliate, e dalle quali dunque non può venir fuori alcuna soluzione. Dovremmo forse imparare a farci domande diverse, soprattutto ad affrontare il mondo nuovo con categorie nuove. Siamo in guerra o non siamo in guerra? Questione semantica, ma qual è il punto? Se c’è stata una dichiarazione formale? Se esistono realtà istituzionali e statuali che si confrontano militarmente? Il vero fatto sostanziale è che esiste un impiego della violenza, che esiste un nemico, che c’è una minaccia costante alla vita, da cui la necessità di una reazione anche militari. È guerra? Siamo in guerra? Cosa è guerra oggi? Forse serve un nome nuovo per definire quello che sta accadendo. Il nemico ad esempio è chiaramente definibile, ma non inquadrabile nelle categorie classiche dei secoli passati. Che proclami di essere uno Stato, è solo uno degli aspetti: chi ha colpito in Francia era francese, non di Mossul o Raqqa. Oggi possiamo vincere se comprendiamo quello che abbiamo davanti, ciò in cui ci troviamo. Si vuole chiamare guerra oppure no? Forse servirebbe un nome nuovo per questa guerra2.0? Sta di fatto che siamo di fronte a una minaccia violenta e pervasiva che non si può ignorare, ma che solo marginalmente ha un fronte. 
Cosa fare allora? Siamo a favore o contro l’intervento militare? Di cielo o di terra? Ancora domande sbagliate. Di fronte a una minaccia come Isis occorre anche l’uso della forza, per “decapitare” la testa del drago che non ha nessuna intenzione di trattare con alcuno. Ma l’automatismo attentati/bombe è del tutto primitivo e inefficace: inutile dividersi fra pacifisti e guerrafondai, sono entrambe risposte inadeguate. E soprattutto, non è solo lo strumento militare quello che serve e risolve. Tutti parlano della necessità di un approccio politico e diplomatico, ed è sacrosanto. Soprattutto non bisogna ripetere gli errori del passato, quelli dei dopoguerra, quando in Iraq come in Libia dopo aver vinto la guerra si è persa la pace. Ma più che altro servono due cose: sviluppo e cultura, in Medio Oriente come in Occidente. Ci vuole più consapevolezza e meno ipocrisia da parte di noi occidentali. E ci vuole su tutti i fronti un lavoro culturale molto intenso che non nasconda le verità scomode.
OSVALDO BALDACCI
giornalista

25 Novembre 2015
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