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10:18 pm, 17 Novembre 15 calendario

Amianto, fiato sospeso per la bonifica Fibronit

Di: Redazione Metronews
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Bari. C’è un muro con un angolo innaturale, si teme che crolli. Il blu che colora le pareti sta venendo via ogni giorno di più. Il cartello che indica “zona inquinata” ormai nessuno lo nota più: è lì da troppi anni. La Fibronit è stata chiusa nel 1985 ma continua a incombere nel cuore di Bari con il suo carico di veleno: l’amianto.
Otto anni fa la messa in sicurezza “provvisoria”. Poi, come spesso accade in Italia, il provvisorio equivale a un “fine pena mai”. Oggi però potrebbe essere il giorno della svolta. Dopo anni di attesa, il Tar deciderà sull’assegnazione degli appalti dei lavori di bonifica. Quella definitiva, completa, finanziata con 10 milioni di fondi regionali, che abbatterà la struttura, compresi i pilastri che conservano malta cementizia impastata con amianto, tomberanno le tonnellate di fibra killer sepolte nei giardinetti sotto il terriccio, e realizzeranno un parco.
L’appalto era stato vinto da un’Ati di Claudio Tedesi e Salvatore Adamo che hanno già coordinato i lavori di messa in sicurezza provvisoria. Poi i ricorsi hanno congelato tutto e i cittadini di Bari stanno ancora aspettando. E su tutto incombe l’ombra di una delle inchieste giudiziarie più complicate degli ultimi anni, “Black smoke”, per la bonifica dell’ex Sisas di Pioltello dove lo stesso Tedesi è stato coinvolto.
Bari è una città sospesa, in attesa che questo nodo venga sciolto. «Un giorno storico per la città e per le associazioni che si sono battute – ci dice Nicola Brescia, presidente del comitato cittadino Fibronit – una volta c’era addirittura un progetto per costruire un tunnel sotto la collina di amianto. Noi facemmo salire l’allora ministro Nesi su un terrazzo condominiale proprio davanti la Fibronit e gli mostrammo la contaminazione in atto. Così l’area è stata tramutata in non edificabile». 
Pietro Petruzzelli è l’assessore all’Ambiente del comune di Bari: «Un parco al posto della fabbrica. Sarà la vera rivincita della città». Nico Carnimeo è un associato al comitato Cittadino Fibronit ed è stato consigliere circoscrizionale per anni, con la giunta Emiliano: «Dal terrazzo condominiale ho seguito i lavori della messa in sicurezza filmandoli e fotografandoli. Avvenivano senza precauzioni, mentre la nostra vita trascorreva con regolarità e i nostri figli andavano nella scuola adiacente alla fabbrica. Perchè ho mandato mia figlia a scuola qui? Forse il mio impegno personale in questa battaglia è stato dovuto anche per esorcizzare la paura e il senso di colpa».
Una vicenda che ha avuto, ovviamente, anche un’appendice giudiziaria. Pierpaolo Petruzzelli ha rappresentato numerose parti civili. La sentenza finale è stata di condanna. «La Cassazione si è pronunciata nel 2006 confermando la responsabilità dell’amministratore delegato dal 1969 al 1981, Dino Stringa. Condannato a due anni e sei mesi, ma deceduto a giugno di quest’anno a 93 anni». Due anni e sei mesi: una cosa è la condanna, un’altra è la giustizia. Le associazioni sono il riferimento di decine di tragedie familiari: «Si stanno ammalando anche i docenti delle scuole che affacciano davanti alla Fibronit – ci spiega Lillo Mendola, presidente dell’Associazione vittime amianto Bari. Anche sua moglie è morta per mesotelioma – e i vigili urbani, che prestavano servizio qui, e cittadini che hanno avuto l’unico torto di abitare nel posto sbagliato. Davanti al mostro».
STEFANIA DIVERTITO

17 Novembre 2015
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