Hopkins-Farrell veggenti a confronto
CINEMA Avevano tutti pochi anni o, a volte, pochi mesi da vivere. Non solo. Sarebbero morti tra sofferenze e in uno scorcio di vita poco dignitosa. Morire prima dell’inizio del calvario, in modo improvviso, indolore e senza coscienza è un regalo. O così la pensa il serial killer che sa vedere il futuro e che gioca a far Dio. Contro di lui un altro veggente che ha quasi mezzo secolo in più, una figlia morta di leucemia tra atroci sofferenze e qualche segreto. La lotta è tra loro. Uno ha la faccia di Colin Farrell, convincente anche nella sua violenza; l’altro quella di Anthony Hopkins, carica di dolore, e in Premonitions by Afonso Poyart (da giovedì nei cinema) costruiscono sulla loro tesa recitazione un curioso thriller in cui la preveggenza non è in realtà il tema, ma solo un mezzo per parlare di eutanasia e gli effetti visivi fondamentali ma mai invasivi.
Per me, dice Hopkins, “è una storia anche ricca d’implicazioni su un’altra dimensione della vita. Non sono molto spirituale, ma certamente sono aperto all’idea. Senza scendere nei particolari, anch’io ho avuto esperienze di sincronicità e penso che ci sia qualcosa al di là di me, qualcosa di molto più profondo rispetto a quanto possa capire”. Mentre per Farrell il suo killer racconta la banalità del male che, “è la cosa più terrificante, nella sua mente è un killer della misericordia che sta cercando di sradicare la sofferenza, uccidendo i malati, un combattente per l’eutanasia”. Di sicuro ci farà pensare.
SILVIA DI PAOLA
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