Maurizio Guandalini
5:00 pm, 5 Novembre 15 calendario

Se la politica è in mano ai prefetti

Di: Redazione Metronews
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Ricordate la Lega di Bossi? Prefetti a casa. Prefetture chiuse. Un idea che aveva catturato per la sua semplicità: cosa servono le prefetture? Sbaraccare era una soluzione convincente perché c’era la sensazione di eliminare una struttura burocratica, polverosa, che frenava, e soffocava, il funzionamento dell’arrugginita macchina statale. Sembra passato un secolo. Ora i prefetti  sono tornati centrali. Da Gabrielli a Tronca. Addirittura riveriti. La loro missione salvifica è santificata. Sono assurti a modello morale e di efficienza. Il loro intervento è pronto e arriva quando la politica è incapace e si arrende. E pensare che i prefetti sono un coacervo di privilegi, nell‘esercizio delle loro funzioni, pesante.
Sono dei mastini dal potere intoccabile  che ingessa e conserva ogni “cosa” che toccano (per conto dello Stato, certo). Gabrielli, Tronca, ma ci sono anche magistrati lì lì, tra il tecnico e il politico: Cantone, De Magistris sindaco di Napoli, Sabella ex assessore a Roma, Emiliano presidente della regione Puglia. Eppoi tutta la schiera dei manager pronti alla prossima infornata, in primis Sala, commissario Expo che in una lampante dichiarazione ha detto: Destra e Sinistra? Me ne frego. Ma che serve la politica se è tutta in mano a queste figure?
Pensavamo che il Governo Monti (con ammiragli, prefetti  e professori) rappresentasse  il fallimento massimo della figura del non-politico e,  con Renzi arrivasse, finalmente, il primato della politica. Invece, per paradosso, anche l’antipolitica del movimento 5 Stelle ha favorito, e favorisce, la ricerca  di persone fuori dai partiti facendo passare per buono il modello dell’uomo dalle mani pulite che coincide con il ritratto, più in voga in questo momento cioè colui che va bene a tutti, senza casacca, meglio se ‘servitore’ dello Stato perché garanzia di pulizia e legalità. L’antesignano principe di questa formula fu proprio Berlusconi-imprenditore che dopo Tangentopoli entrò nell’agone contro il ‘teatrino della politica’. E poi fu la volta del magistrato Di Pietro che fece il Ministro e fondò un partito. La supplenza della politica fu pagata in questo modo.
Il punto è che queste figure sopra elencate sono tutte brave, belle, immacolate nel momento che fanno il loro mestiere che spesso fa i conti con delle regole, certo,  ma sempre nel recinto di poteri speciali e delimitati: il magistrato, il prefetto, l’imprenditore. Una volta al potere, a governare ministeri, regioni, comuni l’incanto si esaurisce. Allora non è proprio così vera la vulgata che per riparare il buco di una strada non conta essere di centro, di sinistra o di destra!
 
MAURIZIO GUANDALINI
economista e giornalista FondazioneIstud

5 Novembre 2015
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