Massimo Blasoni
5:30 pm, 4 Novembre 15 calendario

Ammortizzatori sociali troppo onerosi in Italia

Di: Redazione Metronews
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Nel 2014 la nostra spesa per ammortizzatori sociali è stata pari a 22 miliardi 976 milioni di euro, con un saldo negativo di 13 miliardi 824 milioni a carico della fiscalità generale dello Stato. Anche questa volta il sistema è stato pertanto finanziato solo parzialmente dalle imprese (per una quota di 9 miliardi 152 milioni di euro), chiamate a contribuire a diverso titolo e in base a norme specifiche a seconda della diversa tipologia di intervento.
Nel triennio 2011-2013 gli ammortizzatori sociali sono costati a ciascuno di noi la somma di 432,17 euro, ben superiore a quella sostenuta dai britannici (198,86 euro), dai tedeschi (405,42) e persino dai greci (367,62 euro). Dalla lettura dei dati Eurostat emerge soprattutto un dato significativo: se calcolata in rapporto al nostro PIL, la spesa italiana per questo settore è balzata dallo 0,5% del triennio 2004-2006 all’1,6% del triennio 2011-2013. Si tratta di un incremento superiore persino a quello registrato nella malandata Grecia (passata dall’1,2% al 2,0% del proprio PIL) e comunque in controtendenza rispetto a quanto avvenuto tra questi due trienni nel Regno Unito (spesa rimasta stabile allo 0,7%) e soprattutto in Germania (spesa scesa dal 2,1% all’1,3%) e Francia (spesa scesa dal 2,2% all’1,9%).
Questi numeri dicono molto ma non tutto. Già nel 2010, il MEF rilevava che il nostro sistema di ammortizzatori sociali risulta eccessivamente oneroso (per le imprese e per lo Stato), poco universale, iniquo nei sistemi di finanziamento e inadeguato a fronteggiare il mutato contesto economico e produttivo. Lo finanzia in misura sempre più ampia l’intera collettività mentre i beneficiari delle prestazioni corrispondono a un insieme circoscritto di soggetti: alcune categorie di imprese e di lavoratori (ne sono rimasti sempre esclusi quelli delle piccole e medie imprese nonché tutti i liberi professionisti). Inoltre non esiste una diretta corrispondenza tra flussi di entrata e in uscita nemmeno a livello di misure singole: le contribuzioni a carico delle imprese per la cassa integrazione guadagni ordinaria, ad esempio, coprono regolarmente anche le uscite (a favore dei lavoratori) per l’indennità di mobilità. Cosa aspetta il “riformatore” Renzi per porre rimedio a questa situazione?
 
MASSIMO BLASONI
Imprenditore, presidente
Centro studi ImpresaLavoro 

4 Novembre 2015
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