Cocktail di pesticidi nelle mele nostrane
Roma. Una mela al giorno toglie il medico di torno. O dovrebbe. Infatti nell’8% delle mele prodotte in modo convenzionale (quindi non biologiche) sono state trovate tracce di pesticidi in un’analisi condotta da Greenpeace su 126 campioni di mele (109 convenzionali e le restanti biologiche, risultate sane). E i risultati non variano se dall’Italia ci spostiamo in Europa: i pesticidi rilevati, spiega Greenpeace, hanno effetti tossici noti per organismi acquatici come i pesci, ma anche per le api e altri insetti utili.
Molte di queste sostanze chimiche, inoltre, sono bioaccumulabili, cioè, una volta rilasciati nell’ambiente, si degradano lentamente e possono risalire la catena alimentare accumulandosi in un’ampia varietà di organismi viventi, finendo così per danneggiare l’intero ecosistema. Infine, a causa dell’incompletezza di dati e conoscenze disponibili soprattutto sugli effetti di residui multipli, non si possono escludere rischi per la salute umana. «Il problema – ci spiega Mauro Di Cattaneo, biologo che da tempo denuncia l’uso di pesticidi in Trentino – è l’effetto cumulo: se guardiamo il singolo pesticida esso rientra nei limiti di legge. Però noi nelle mele troviamo più tipi di sostanze tossiche insieme». In un campione, infatti, sono stati trovati i residui di ben 3 pesticidi.
«Dai campi al piatto, i pesticidi chimici sono una presenza troppo frequente nei nostri alimenti – dichiara Federica Ferrario, responsabile della campagna Agricoltura Sostenibile di Greenpeace – Anche se tutti i residui individuati rientrano nei limiti stabiliti dalle normative, la varietà di sostanze chimiche trovate mostra che nelle coltivazioni convenzionali è pratica comune irrorare i meleti con applicazioni multiple di pesticidi. Tutto questo insieme alla scarsa conoscenza dei possibili impatti dei “cocktail di pesticidi” sull’ambiente e sulla salute, è fonte di grande preoccupazione. Inoltre non è accettabile che gli agricoltori e le loro famiglie debbano sopportare il carico tossico di questo fallimentare sistema di agricoltura industriale».
In Trentino / Focus delle associazioni ambientaliste sulla Val di Non
Già nel 2010 avevano suscitato scalpore e preoccupazione i risultati delle analisi sulla presenza di pesticidi nelle urine degli abitanti della Val di Non. La promozione di un’indagine per chiarire la situazione era avvenuta da parte del Comitato NON-Pesticidi.
Del caso si è occupato anche Legambiente tramite il rapporto “Pesticidi nel piatto”, che ha evidenziato come in Tentino vengano messe in vendita le mele più contaminate, anche da più pesticidi.
STEFANIA DIVIRETITO
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