Maurizio Baruffaldi
5:05 pm, 15 Ottobre 15 calendario

La religione triste dei vegani integrali

Di: Redazione Metronews
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L’OPINIONE Si documentano. Su come vengono uccisi gli animali da tavola, sul bombardamento di antibiotici, su come vengono trattati in allevamento. E diventano vegani. Poi dedicano l’intera giornata (perché anche il pensarci è agire) a cosa mangiare mattina, mezzogiorno e sera. Hanno denaro e tempo da spendere, perché si tratta di elaborazioni vegetali, e con prodotti da negozio religioso, dove si aggirano con alterigia solidale e dal quale escono con un pacchetto di crackers da 5 euro. Fanno tiramisù senza latte, burro e uova ma dicono che ha lo stesso sapore. O lo spezzatino di tofù che sembra carne. Perché è il tiramisù, e lo spezzatino, che vogliono. Come fosse un esorcismo. Se non arrivano ad odiarti (gli integralisti odiano per concetto) ti compatiscono: tu, che mordi un hamburger che lacrima sangue, o sorseggi un cappuccino con la schiuma.
Sia chiaro: hanno valide ragioni, io stesso mangio pochissima carne e adoro tutto l’integrale possibile, ma l’integralismo è altro, ed è veleno. L’attenzione al cibo non può essere paranoia. Il vegano invece arriva ad evitare l’invito a cena: potrebbe portarsi la schiscetta santa, ma lo spaventa quello che rischia di vedere in tavola. E spesso è pure astemio. Eppure uno studio pubblicato sulla rivista Alcoholism: Clinical and Experimental Research, durato vent’anni, conferma che chi beve il giusto vive più a lungo di chi non beve mai. Il 69 per cento degli astensionisti è deceduta nei 20 anni successivi, contro 41 per cento dei bevitori moderati. E addirittura contro il 61 per cento di chi non disdegna di alzare il gomito. Come se ad essere dannosi, più del vino (e di rimando anche delle proteine animali), fossero la tristezza della pratica e la rinuncia. Come se, non ci possa essere benessere senza convivialità. Prosit!
MAURIZIO BARUFFALDI
Giornalista e scrittore

15 Ottobre 2015
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