Un Charles Manson carismatico e molto malvagio
TV Los Angeles, immersa nella cultura hippy della fine degli anni ’60 e mossa dalla ribellione giovanile, è la protagonista di “Aquarius” la serie tv in onda da domani alle 21,10 su Sky Atlantic HD. In quell’atmosfera rivoluzionaria il detective Sam Hodiak (il David Duchovny di “X-Files” e “Californication”) va alla caccia di un giovane Charles Manson, ancora non autore della strage in cui perse la vita Sharon Tate moglie di Roman Polanski all’ottavo mese di gravidanza, ma già intento a mettere le basi della sua setta. Nella parte di Manson, il 32enne britannico Gethin Anthony (“Game of Thrones”) che ci ha parlato de la complessità del personaggio.
Manson è maledetto e controverso, come lo ha affrontato per evitare di darne un’immagine positiva?
Ho dovuto studiare molto per dargli il giusto equilibrio. Manson è un uomo tanto malvagio quanto carismatico. Ho letto tutte le biografie su di lui, ho visto documentari, ho imparato la sua musica e ho ascoltato la musica dell’epoca per immedesimarmi. Nella serie siamo nel 1967, quindi prima che compisse i suoi efferati crimini, di conseguenza mi sono concentrato su quel determinato periodo. Vedremo cosa accadrà nella prossima stagione. In compenso adesso so suonare la chitarra come lui!
Lei non ha vissuto quegli anni, che percezione ne ha?
Mia madre mi ha sempre parlato degli “Swinging Sixties”, dei Beatles e di come fosse Londra in quell’epoca, però era una prospettiva molto europea. Ho dovuto immergermi negli anni ’60 californiani, nella Love generation e in quella voglia di cambiamento. Indubbiamente mi sarebbe piaciuto viverli.
“Aquarius” segue la tendenza dell’historical fiction drama, il racconto di fatti realmente accaduti attraverso la voce di personaggi di finzione (in questo caso il detective). Secondo lei perché il pubblico ne è tanto affascinato?
Credo che questo genere di serie interessi il pubblico proprio per il modo di raccontare storie in bilico fra realtà e finzione, dando così l’opportunità di vivere atmosfere del nostro passato con occhi nuovi. Potremmo definirle una sorta di macchina del tempo… MATTIA NICOLETTI
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