Roma/Covatta racconta la città
4:15 pm, 8 Settembre 15 calendario

Giobbe Covatta: Roma è in perenne allerta

Di: Redazione Metronews
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ROMA A nessuno piace caldo. No, non è il titolo di un servizio da tg di fine luglio ma il nuovo libro firmato da Giobbe Covatta, scrittore, autore, comico, attore, testimonial di alcune importanti campagne umanitarie di Save the Children e Amref. Un libro in cui si parla della febbre del Pianeta, di riscaldamento globale, e come sempre la vena comica di Covatta è al servizio dell’attualità e dei temi socialmente più rilevanti. Ambiente in testa.
Chiunque l’abbia sentito parlare lo sa: Covatta è napoletano. Ma dopo 25 anni vissuti a Roma, il suo legame con la Capitale è indissolubile. Fin da quando s’iscrisse all’università di architettura.
In agosto è stato sul palco di Villa Ada con il suo spettacolo.
Un libro e una tournee. Di vacanze nemmeno l’ombra. È un artista iperattivo?
Iperattivo mi sembra un po’ esagerato. Diciamo che fin da quando ero giovane vivevo il senso di colpa di vedere gli operai e gli impiegati stare 8 ore al lavoro e io potevo avere il lusso di svegliarmi tardi. E allora mi sono sempre costretto a lavorare almeno per qualche ora al giorno, tutti i giorni. E mi è servito di allenamento. Anche oggi è così, la differenza è che i tempi di lavoro si sono allungati.
Napoletano emigrato a Roma. Che rapporto ha con la città che l’ha adottato?
Di grande affetto e trasporto. La sento mia. Qualche anno fa con la giunta Veltroni ho anche partecipato alla vita politica della città (è stato consigliere comunale con i Verdi, e l’hanno scorso è stato candidato per una lista civica di centrosinistra alle regionali delle Marche, ndr) e ho avuto il pregio di apportare la mia infinitesimale partecipazione alla vita pubblica.
Che esperienza è stata? 
Non aveva alcun fine di carriera politica. Volevo solo dare una mano, ed è stata molto istruttiva.
Un senso civico che le è rimasto, a leggere il tenore dei suoi scritti, seppur pervasi dalla sua solita vena comica. 
Sì, e proprio per questo m’incazzo quando accadono avvenimenti e polemiche che distruggono la città e la sua reputazione.
In che zona vive? 
Via Cassia, altezza via Due Ponti.
Bene, proprio nel centro del caos automobilistico. Dove ogni mattina scorre un serpentone infinito di auto. Anzi: magari scorresse. Il serpentone è quasi sempre fermo. 
Guardi, io ho la fortuna di non essere vincolato agli orari di punta. Per me il traffico è questo racconto mitologico che ne fanno le persone. Ecco perché molti attori vivono in zona. Il traffico noi nemmeno lo vediamo.
Come sta cambiando Roma in questi ultimi anni secondo lei? 
Io non so se la sensazione che ho è frutto di un cambiamento della città, o di una mia percezione dovuta al fatto che mi sto invecchiando. Il problema non è il peggioramento di Roma, è il suo continuo, perenne,  peggioramento. Non se ne vede mai la fine. Viviamo in perenne allerta: quella dei taxi, dei trasporti, della monnezza, delle periferie. Sono 25 anni che sento lanciare le allerte dalle varie amministrazioni. Ed ecco che spunta di nuovo Franco Gabrielli, il Capo della protezione civile. Non ne posso più di protezione civile che interviene su un’allerta. Gabrielli è l’uomo che mette le pezze. Non le sopporto più le pezze.
Cosa manca a Roma per riacquistare un po’ di vivibilità? 
Non si riesce a fare un progetto ampio, ad avere una visione di lunga durata. Si ragiona solo in termini di esigenze elettorali. Ecco il problema: la politica non guarda oltre la scadenza della propria poltrona. Non dico di fare progetti al 2050, ma almeno al 2021. Vuol dire dare un orizzonte ai ragazzi che oggi hanno 14 anni.
Poveri loro… 
Già, stanno inguaiati perché non riescono neanche ad avere una prospettiva a 20 anni. Questo serve: evitare le scadenze elettorali e avere una visione strategica.
Le uniche prospettive di lunga data offerte dalla politica oggi arrivano dai vertici internazionali sull’ambiente, con promesse che si allungano fino al 2050. 
Eh certo, prospettano riduzioni di CO2 al 2030, immaginano cambiamenti epocali al 2050. Tanto poi mica ci saranno loro a renderne conto.
STEFANIA DIVERTITO
 

8 Settembre 2015
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