Ilva, in 47 andranno a processo
Taranto.Andranno tutti a giudizio i 47 imputati, 44 persone e tre società, coinvolti nel maxi processo sul disastro ambientale dell’Ilva di Taranto. La decisione è arrivata ieri da Taranto mentre a Roma la maggioranza dava il via libero all’ottava norma definita salva Ilva.
Terremoto politico
Andrà a processo anche l’ex governatore della Puglia Nichi Vendola, che ha affermato di «andare a processo con la coscienza pulita» anche se non a cuor leggero». Per Vendola l’accusa è di concussione aggravata per presunte pressioni ai danni dell’Arpa in favore del siderurgico. Delle stesse accuse dovrà rispondere l’ex presidente della provincia di Taranto Gianni Florido, accusato di aver fatto pressioni su due dirigenti per favorire il rilascio di autorizzazioni alle discariche dell’Ilva, e l’attuale sindaco di Taranto Ippazio Stefàno, per abuso d’ufficio per non aver assunto misure contro l’inquinamento. A giudizio anche alcuni rappresentanti della famiglia Riva e le aziende stesse. «Sembra che la nostra ipotesi accusatoria abbia trovato accoglimento – si rincuora il procuratore di Taranto Franco Sebastio – Questa pronuncia ci rassicura».
Se i Verdi chiedono le dimissioni del sindaco, Peacelink, associazione ambientalista che con le sue denunce ha dato il via alle indagini, precisa: «Oggi vanno a processo gli uomini del potere che non ci hanno ascoltato». Peacelink è una delle 800 parti civili che il 20 ottobre faranno parte del processo a Taranto. «Oggi ci riprendiamo i nostri diritti – dice Alessandro Marescotti – il diritto a un futuro degno per gli esseri umani. Diritti che a Genova (dove c’era un altro impianto, ndr) erano stati garantiti, fermando gli impianti dell’area a caldo, e che a Taranto sembravano negati trasferendo addirittura le produzioni cancerogene dell’Ilva vietate a Genova».
Un dl per salvare l’azienda
«Per le aziende di interesse strategico nazionale, come ad esempio l’Ilva di Taranto, il sequestro giudiziario relativo a ipotesi di reato riguardanti la sicurezza dei lavoratori non può impedire l’esercizio dell’attività di impresa se entro 30 giorni viene predisposto un piano di tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro». Prevede questo l’articolo inserito nel Dl Fallimenti e votato ieri a Montecitorio. Oggi arriverà il voto finale. Di conseguenza, il decreto salva Ilva decadrà e si interromperà la conversione in legge. E proseguirà a funzionare l’altoforno 2 dove a fine giugno era morto un operaio. Tra l’altro, non è ancora stato stabilito se ci sono rischi per la sicurezza dei lavoratori.
L’Ilva? «Non è bollita, ma può ancora produrre», tanto che le previsioni per il 2018 sono di crescita. Il piano ambientale? «È attuato all’80%», anche se il dato numerico non rivela quali prescrizioni sono state rispettate: i parchi minerari sono ancora socperti mentre la cartellonistica di pericolo è stata installata. Sono alcune delle notizie emerse dall’audizione dei Commissari straordinari dell’Ilva intervenuti ieri a Montecitorio. Secondo i conti portati a Montecitorio, l’Ebitda, il mardine operativo lordo, che attualmente è negativo per 280-310 milioni, per il 2016 – secondo i commissari – sarà positivo per 40-60 milioni. Ma non è stato spiegato come sarà invertita la tendenza.
STE.DIV.
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