Stare al fresco è una questione etica

Che fare se il caldo supera ogni record e si accendono sempre di più i condizionatori e di conseguenza in alcuni momenti la rete elettrica va in crisi e si stacca provocando alcuni black out? La polemica è più viva a Milano, ma è successo anche a Torino e in altri centri. Non si tratta di un problema tecnico ma di una questione strategica con risvolti anche etici, oltre che economici.
Di energia elettrica ne abbiamo fin troppa, anche se magari qualcuno nei giorni scorsi ha pensato che ci manca il nucleare. Ne abbiamo tantissima, non si può pensare di fare nuove centrali nè di rifare i sistemi di distribuzione per dei sovra-consumi che si verificano per pochi giorni l’anno. I dati A2A di Milano certificano che mai nella storia si era avuto un picco di consumi elettrici in città come quello attorno alle 14 di martedi 7 luglio. Di cosa dovrebbe scusarsi A2A? Di non avere tutte le cabine e le sottocabine a prova di caldo? Ma questo – dicono i tecnici – è stato il fattore determinante solo per alcuni black out. Per lo più sono derivati dai consumi eccessivi. In questa definizione di eccessivi è inutile vedere l’aspetto moralistico.
Ci stiamo abituando a vivere con l’aria condizionata, anche se con ventilatori e vaporizzatori si potrebbero in molti casi avere effetti di “confort” (è il termine tecnico) analoghi. E passi. Tra i condizionatori in uso molti hanno livelli di efficienza energetica superati. E passi. Ma i consumi sono eccessivi perchè cozzano coi limiti della rete e non sono gestiti con sufficiente programmazione e spirito di responsabilità.
Probabilmente bastava un 10 % in meno di consumi contemporanei e non si arrivava ai black out. A2A faceva appello da giorni a un autocontenimento ma chi l’ascoltava? Forse in questi casi dovrebbe essere il Sindaco ad appellarsi ai cittadini. Di più, si tratta di dare disposizioni e firmare ordinanze, come si fa per i giorni di smog più pesante e per le emergenze di protezione civile. C’è il DPR 74 del 2013 – anche se non lo conosce nessuno – che vieta di portare a meno di 26 gradi la temperatura media degli interni quando si usano i condizionatori. Certo ci sono 2 gradi di tolleranza, quindi di fatto sono 24. Se non basta – cioè se non basta il limite di 24 gradi a ridurre i comsumi – esiste la possibilità di ulteriori decisioni locali.
I negozi non dovrebbero poter tenere le porte aperte con l’aria condizionata. Come esiste la possibilità di disporre (e non solo di consigliare) di non usare lavatrici tra le 12 e 30 e le 15. Certo non sono disposizioni facili da applicare perchè mancano le forze per controlli sistematici. Ma sarebbero pur sempre qualcosa di più di un generico appello inascoltato. I giorni delle ondate di calore con sovraconsumi potrebbero aumentare, diventare una decina l’anno. Con un minimo di concertazione ce la potremmo fare: ci vuole solo volontà politica.
PAOLO HUTTER direttore
di ecodallecitta.it
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