Le vere conseguenze dell’immigrazione

Scrutando in filigrana una analisi apparsa sul sito lavoce.info dall’indicativo titolo “Le conseguenze dell’immigrazione”, quello che salta agli occhi, andando direttamente al nocciolo della questione trattata, è che laddove si è riusciti a ridurre il migrante in operatore privo di tutele sindacali, pronto a accettare condizioni improponibili a un nostro compatriota, ad usarlo non come portatore di cultura bensì e semplicemente come mulo da soma, il risultato economico ne ha guadagnato. Contribuendo efficacemente a migliorare il fatturato dell’azienda. E in certa misurare a spingere il lavoratore italiano verso una competizione interna pur di dimostrarsi indispensabile.
Il dato interessante è che questo sistema ha portato verso una corsa al ribasso. Impiegando in lavori manuali, logoranti, minuti una grande parte dei migranti, senza riuscire a sviluppare operazioni più complesse e in grado di poter competere nel innovazione sui mercati transnazionali. Un meccanismo retrivo, assolutamente non lungimirante, incapace di vedere nel lavoratore straniero una opportunità di allargare i confini e mettersi al passo di economie slegate da rapporti familiari e pronte alla compenetrazione nella diversità.
Non dimentichiamo che spesso il migrante conosce e pratica correttamente lingue quali inglese francese spagnolo. È affamato di novità. Vuole imparare: come riscatto e per un sentimento di gratitudine verso colui che gli ha teso la mano. È giovane, entusiasta, volitivo. Queste sarebbero tutte qualità necessarie a qualunque polo industriale, qualunque azienda che volesse scommettere sul proprio futuro.
La realtà è tutt’altra. Noi fabbrichiamo schiavi. Preoccupati del presente. Ciechi di fronte a una mondializzazione in grado di rompere barriere e svellere frontiere. Un Paese seduto sui propri calcagni, attento a tenere il fuoco acceso, senza pensare di allontanarsi dal bivacco per cercare rametti.
CLAUDIO CAMARCA
(Regista e scrittore)