La scuola sarà il Vietnam per il premier Renzi

Per il premier Renzi  la riforma della scuola può diventare il suo Vietnam? Visti i precedenti, se fossi in Matteo, mi preoccuperei. Nessun governo, nell’ultimo ventennio, è riuscito fare qualcosa di decente. E chi ha osato gli è stato tolto l’ossigeno. Capiamo il capo del Governo. Colto al volo il “proclama” di Bruxelles, che i precari andavano sistemati, Renzi ci ha attaccato la riforma. E bene fa ora il premier a dire che se la riforma non sarà approvata l’assunzione di 100 mila precari, per quest’anno, salta. Conoscete il mio giudizio sul totale: o andare fino in fondo o nemmeno iniziare. Si sta discutendo di una “riformetta” amministrativa che andava chiusa da tempo. Altroché, ora, a luglio, anche la Conferenza nazionale per sentire, ancora una volta, quello che già si sa. Determinazione. Non c’è in ballo il futuro del Paese e per gli intellettuali (gli insegnanti) che salveranno l’Italia non è in pericolo la loro missione conciliare. Gli insegnanti di protesta non hanno capito che sono diventati strumento della polemica politica. Avrebbero dovuto saperlo i nostri novelli Balbo che nel Belpaese viaggia così.  E’ l’asilo Mariuccia. Come lo è per la vicenda degli immigrati, dei marò, della legalità, dell’economia. C’è poco da gioire se Renzi sulla scuola fa marcia indietro. Uno Stato che funziona in questo modo per non funzionare, per non fare nulla, è un pessimo Stato, una pessima democrazia. Non parliamo, poi, dei venti liberali che sono fermi ai nostri confini. Si preferisce la demagogia ideologica (molta dei nostri intellettuali salvatori della Patria), suoni del sessantotto già visto,  una macedonia che farà vincere una battaglia, temporanea, contro il premier, entusiasmando soprattutto le opposizioni, conservatrici, al cambiamento. Con il risultato che i precari rimarranno ancora precari. Qualcuno regali a Renzi il libro “L’arte della guerra” di Sun Tzu.
MAURIZIO GUANDALINI
Economista e giornalista