Il disinteresse dal mondo degli intellettuali
ROMA Il mondo intellettuale è stato, fino a qualche tempo fa, indifferente nei confronti della Buona Scuola di Renzi, problema affrontato soprattutto dagli economisti. Pochi in principio s’erano espressi: Rodotà, De Mauro, Israel, D’Avenia, qualche battuta di Camilleri contro la riforma; Galimberti, Mastrocola, Augias e Lodoli a favore.
Poi un fiorire di interventi: le stroncature della riforma di Raimo e dei Wu Ming, il duro attacco agli insegnanti di Crepet. Altri, come Baricco, hanno preferito immaginare una scuola che non c’è; fino all’intervento di più ampio respiro di Pietro Li Causi.
Il tema della valutazione degli insegnanti è sempre al centro della riflessione, tra coloro che ritengono, a torto, che i docenti non si vogliano fare valutare, e coloro che smontano l’impianto della riforma. Eco, Luperini, Settis, Canfora, Vattimo, Fo, Saviano, in genere così prolifici di parole, invece non hanno sentito il dovere di spendersi sulla scuola, anche solo per dire che la riforma piace o il contrario.
Senza fare processi alle intenzioni, l’impressione è che in alcuni casi non ci si sia voluta intestare una discussione su un tema che, a quanto pare, diventa più o meno importante a seconda che ne trattino la destra o la sinistra italiana, mentre in altri la discussione nasca da ragioni ideologiche, prima che dalla lettura del DDL.
SEBASTIANO CUFFARI, INSEGNANTE DI “GESSETTI ROTTI”
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