Tony Saccucci
6:20 pm, 6 Maggio 15 calendario

La riforma della scuola sta cambiando verso

Di: Redazione Metronews
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Adesso si fa sul serio. Matteo Renzi è pronto ad ascoltare. Oltre i corifei – che fino al giorno stesso dello sciopero continuavano a dire che di tutto si può discutere tranne che del potere ai presidi – Renzi farà di testa sua. E la sua testa ha stabilito che i docenti vanno ascoltati. Prima o poi tutti nel Pd cambieranno disco senza batter ciglio. Più prima che poi. Ancora non lo sanno ma faranno così. Dopo lo sciopero del 5 maggio, malgrado il tentativo di occultamento di molti giornali italiani (non riuscito, ovviamente, talmente è stato enorme), Renzi ha definitivamente deciso di seguire sul serio la stragrande maggioranza dei docenti. Il Pd è aperto, ma tanto sa già cosa vogliono. Prima cosa, eliminare la chiamata diretta del preside (ci sono 85 mila firme da Mattarella), che è il perno su cui ruota(va) la potenziale privatizzazione della scuola pubblica a cui potrebbe portare la riforma (almeno a parere di molti docenti). D’altra parte su questo punto, forse nel tentativo di scongiurare la prova di forza, il governo aveva già previsto una seria limitazione al potere di scelta del preside affiancandogli il consiglio d’istituto. Speriamo solo che non ne esca un ibrido che finirà di atterrare la scuola.
In secondo luogo, si tratta di chiarire i criteri di valutazione e le conseguenze di questa valutazione sui docenti stessi. Su questo punto gli stessi insegnanti sono divisi (c’è chi è assolutamente contrario a qualsiasi tipo di valutazione che non sia in entrata); ma la chiarezza, anche solo per argomentare contro, è un obbligo. E dovrebbe esserlo stato, un chiaro obbligo, anche senza lo sciopero.
È evidente che si cambierà rotta senza dirlo. Perché Renzi non può ammettere di aver sbagliato, ma neanche può far finta che l’80% degli insegnanti abbia scioperato per faziosità politica o per noia. Perché ogni sciopero costa, euro sottratti al ridicolo stipendio del docente.
Il fiuto politico del premier, e anche la volontà ferma di cambiare la scuola, lo porterà a trasformare la sua riforma. Si tratterà sempre di una riforma. Ma non più quella iniziale. E ben venga – corretta, stravolta, aggiustata, emendata dai docenti – perché la scuola italiana ha bisogno di essere cambiata. In meglio.
TONY SACCUCCI

6 Maggio 2015
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