Milano
4:30 pm, 27 Aprile 15 calendario

Per i lavoratori dell’Expo “il 1° maggio finisce la festa”

Di: Redazione Metronews
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RHO-PERO Quella a cui sono chiamati è una vera e propria impresa. Difficile uscirne da eroi, visto l’assenza di peso mediatico qualora i più rosei auspici dovessero essere rispettati, più facile fungere da capro espiatorio se le cose, il 1° maggio, non dovessero presentarsi esattamente come gli ottimisti si figurerebbero. Sono gli operai di Expo, 6500 secondo le ultime stime, divisi in circa 200 aziende appaltatrici e ai quali va aggiunto una significativa quantità di autotrasportatori, addetti alla sicurezza, consulenti esterni tutti partecipi dell’irrefrenabile via vai fra il Campo Base di via De Gasperi, a Rho, e l’immenso cantiere del sito espositivo. C’è chi nel quartier generale dell’Esposizione Universale si è letteralmente trasferito, vista la distanza da casa, e chi tutti i giorni raggiunge la più discussa delle aree cantieristiche per lavorare fino a 14 ore al giorno.
I loro sono gli sguardi affaticati di chi con il fiato sul collo sta facendo di tutto per recuperare il tempo perduto, non da loro, nella costruzione di una vera e propria città chiamata ad ospitare in sei mesi qualcosa come venti milioni di visitatori. «Sarebbe stato meglio se i lavori fossero partiti sei mesi prima» è un po’ il leitmotiv, ma nessuno tra loro è disposto ad arrendersi. L’orgoglio è infatti il sentimento che emerge dalle nostre chiacchierate, nelle quali con tono perentorio assicurano che le scadenze alle quali sono personalmente chiamati verranno rispettate. Quelle del cantiere vicino, chissà.
Giuseppe Sala (“Chi? Non sappiamo nemmeno chi sia…”) e il sindaco Pisapia hanno registrato con favore l’ipotesi di donare agli operai il prossimo Ambrogino d’oro, ma le loro preoccupazioni sono ben altre: «Per tutti il 1 maggio l’Expo inizia, per tanti di noi, invece, finirà così, come i nostri contratti». Non esattamente il massimo per la festa dei lavoratori. Intanto, però, il sorriso che, orgoglioso, fa da contorno a quegli sguardi stanchi, non glielo ha ancora tolto nessuno.
Agostino Lerose: “La burocrazia rallenta tutto”
Agostino, insieme ai fratelli, è titolare della Fratelli Lerose Scavi & Lavori Stradali Srl: «Abbiamo ottenuto l’appalto per le piste ciclabili che conducono a Expo ed è già qualcosa visto che le imprese che lavorano all’interno provengono tutte da fuori, mentre a chi come noi è di qua è toccato restare a guardare». Ad Agostino non  è permesso accedere al sito: «Non ci fanno  entrare, ma dello stato dei lavori è facile rendersi conto: mi sembra impossibile finire in tempo». A proposito di ritardi, la sua impresa ha ottenuto il via libera solo pochi mesi fa e la scadenza dei lavori è fissata al 31 luglio: «La burocrazia rallenta tutto – lamenta Agostino – lavoriamo dalle 7.30 alle 19 tutti i giorni per garantire almeno l’agibilità entro il 1° maggio». A lui gli scandali riguardanti l’Esposizione Universale non vanno giù: «Dai telegiornali sento sempre le solite notizie: rischiamo di fare una figura all’italiana, come per i Mondiali di  Italia ’90». «Poi – conclude – turisti e curiosi passano di qui e danno del mafioso a me che non c’entro nulla: è accaduto con degli inglesi giorni fa».
Marco Torelli: “Ce la faremo e la sicurezza è a posto”
Quello di Marco Torelli è  fra i punti di vista più suggestivi: il Gruppo Torelli Dottori è, infatti, impegnato nella ristrutturazione della Cascina Triulza, uno dei fiori all’occhiello di Expo: «Siamo al lavoro da un anno e mezzo – racconta Marco – e il nostro cantiere è praticamente terminato». «Alla fine ce la faremo – assicura pieno di entusiasmo – e anche dal punto di vista della sicurezza, di cui tanto si parla in questi giorni, all’interno del sito stiamo notando un’attenzione particolare da parte degli organizzatori». Marco, marchigiano di Cupramontana racconta: «Da 18 mesi io e i miei colleghi abitiamo al Campo Base, dove mangiamo e dormiamo, mentre a casa ci torniamo ogni 12-13 giorni; in cantiere ci stiamo dalle 8 alle 10 ore dal lunedì al sabato, ma spesso anche la domenica». Insomma, l’impresa di Marco si è trasferita a Rho, «ma in questi giorni ci siamo appena spostati in un albergo a Garbagnate Milanese per lasciare spazio ai militari che prenderanno il nostro posto nei locali del Campo Base».
Rocco: “Vado dai tedeschi ma non li capisco”
Ci imbattiamo in Rocco appena fuori dal Campo Base, notando immediatamente la sua apprensione: «Vengo dalla provincia di Napoli – racconta – e sono qui per consegnare del materiale ai responsabili del padiglione della Germania; il problema è che io non capisco loro e loro non capiscono me». Il sorriso di Rocco è un invito a scherzarci su: «La Merkel potrebbe fare una figuraccia se non effettuo la consegna? No, è solo un disguido, però effettivamente è mezzogiorno, se non si fanno vivi me ne vado a mangiare». Ma come? E il materiale? «Mica è colpa mia se non li capisco, io il tedesco non l’ho studiato – risponde il risoluto autotrasportatore campano – sono loro che devono sapere l’italiano se vengono qui». Poco più tardi ritroviamo il nostro ricco di maggior ottimismo rispetto a pochi minuti prima: «Mi hanno detto che una bella ragazza tedesca mi sta aspettando nei pressi del Campo Base. Come faccio a sapere che è bella? Beh, me l’hanno descritta bene». E la moglie non è gelosa? “Mia moglie è a casa che mi aspetta, domani torno da lei».
Nicolae Cupin: “Si doveva partire almeno sei mesi prima”
Per chi all’interno del cantiere ci lavora, gli elementi per analizzare lo stato dell’avanzamento dei lavori  sono molteplici. È il caso di Nicolae, originario della Romania. Da 15 anni alle prese con gli impianti di condizionamento industriale, è lui a spiegarci cosa si vive, oggi, dentro Expo: «Purtroppo i lavori sono partiti con almeno sei mesi di ritardo – ci spiega – non è semplice costruire una piccola città in 9-11 mesi. Quando siamo arrivati qui, a giugno, non c’era praticamente nulla». «Forse per l’edizione di Dubai (nel 2020, ndr) si riuscirà a finire – scherza Nicolae, il quale poi torna serio – Se le operazioni non saranno ultimate in tempo sarà un gran peccato per gli operai: stanno lavorando a ritmi forsennati e senza sosta, non si meriterebbero una simile figura, poi per molti di loro c’è tanta incertezza riguardo al futuro una volta chiusi i cantieri». Un motivo per non vedere tutto nero lo fornisce lo stesso Nicolae:  «Un’area migliore dove organizzare Expo non potevano sceglierla».
ANDREA EUSEBIO e CHANTAL DUMONT per ALANEWS

27 Aprile 2015
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