In 100 città i docenti si fanno sentire. In silenzio

Si sono organizzati in silenzio. Tranne gli addetti ai lavori pochi sapevano, ma in appena due giorni hanno messo su una struttura capillare sui social. Hanno cominciato da zero e in breve tempo sono riusciti in un’impresa da far impallidire anche i più attrezzati sindacati. Prove tecniche di protesta, dal basso. Roma, Napoli, Palermo, Bari, Milano e tante altre piccole e grandi città unite da un unico obiettivo: farsi sentire in silenzio.
Un silenzio assordante, rischiarato da fiammelle accese per la Scuola. Lumi di speranza, cui restano legati centinaia di migliaia di docenti. Sperano che il Governo si accorga della loro protesta e capisca, finalmente, che nella “Buona Scuola” c’è qualcosa che proprio non va.
Il risultato più sorprendente è quello di Roma, dove si contano oltre 5000 insegnanti. Un numero da corteo sindacale, più che da flash-mob. Ma anche a Napoli e a Palermo, hanno partecipato più di 2000 docenti. E l’elenco è lungo.
Oltre100 città si sono unite per uno scopo comune: “Suscitare coinvolgimento emotivo e partecipazione dell’opinione pubblica sulla lenta agonia della scuola statale”. Questo lo slogan scelto dal “coordinamento flash-mob 23 aprile”, costituito in rete da sei docenti: Margherita Franzese, Federica Inches, Lorena Musotti, Mariacleofe De Luca e Patrizia Perrone. Un evento che ha contagiato le principali piazze italiane in soli due giorni. Ed è proprio la rapidità del contagio a stupire più di tutto.
Nessuna bandiera sindacale, nessuna sigla, nessun nome di partito, ma solo insegnanti vestiti di nero con un lume acceso, in silenzio. Il flash-mob romano, a Piazza di Spagna, è stato forse il più suggestivo, con l’inno nazionale suonato dai docenti dell’IC “Mozart” di Roma.
Adesso gli insegnanti si aspettano una risposta, perché il Governo non può non essersene accorto, non può non aver capito. E preparano altre azioni di protesta, altre sorprese, traendo spunto da queste “prove tecniche”.
Sarebbe interessante sapere se anche un evento del genere faccia ridere il nostro Premier. Una cosa però è certa: ieri gli insegnanti non ridevano affatto.
SALVO AMATO
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