Rai, la vera riforma è togliere il canone
Per riformare la Rai bastava tirar via il canone. E non sarà fatto. Dal punto di vista dell’utente-consumatore a me interessa non pagare con i miei soldi Giletti e l’Arena e nemmeno i tg o Agorà, ancor meno Conti con l’Eredità e per niente i pacchi di Insinna. Una tv così deve stare sul mercato e mai fregiarsi del titolo di televisione pubblica. Eppoi, diciamola fino in fondo: di una tv pubblica non sappiamo che farcene. Non c’è bisogno e nemmeno necessità. Citare a sproposito il caso della BBC inglese è voler attentare alla reputazione della tv oltre manica. Renzi era partito in quarta, aveva promesso sfracelli e alla fine ci ritroviamo un balzo all’indietro di quarant’anni con amministratore delegato di Casa Reale (il Governo) e i paggetti (i consigli d’amministrazione) della politica. Suvvia, finiamola con questa tragedia in commedia. Se il signor Porro vuole contagiarci con il suo Virus si fa il programma trovando gli sponsor. Le grida del dibattito sulla disoccupazione non vanno sul costo spese abbonato Rai e tanto meno il pedissequo talk che ci presenta il solito libro di un direttore di un tg della tv concorrente. Se voglio acquistare l’ultima novità editoriale ho altre mille fonti, a costo zero, che soddisferanno le mie curiosità. Non ci potrà mai essere il modello BBC perché la situazione in Rai oggi è all’ultimo stadio.
O si rompe definitivamente il nodo che lega la tv pubblica alla scialuppa salvagente del canone, oppure si va avanti con lottizzazioni politiche se volete più brillanti, pop, ma sempre lottizzazioni saranno. La politica ha un attaccamento morboso al mezzo televisivo Rai. Staccarsene è come dire per sempre addio alla Nutella. Quindi meglio fare un maquillage che accontenta la compagnia di giro. Stare sul mezzo, scansare il metodo si-si o no-no, ci rende nervosi. Ma è mai possibile che non si riesce fare una riforma con pochi articoli chiari e che nella sostanza inverta completamente la rotta precedente? Che ci vuole? Siamo in Italia, obietta qualcuno. E’ però una magra consolazione. I difetti della tv pubblica sono macroscopici, per molti tratti urtanti del senso e del bene comune. Basta dividere le strade. La carovana dei conduttori, telegiornali e giornalisti trovi la sua strada, provi stare sul mercato, confrontare e valutare la professionalità e vedremo se il rating regge o sarà un flop. E’ urticante che si continui pagare persone che si ergono tribuni “per conto di”, difensori civici, promoter e teatranti senza aver ricevuto la minuta dallo spettatore.
MAURIZIO GUANDALINI
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