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8:27 pm, 1 Aprile 15 calendario

Primo ok del Senato al ddl anticorruzione

Di: Redazione Metronews
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ROMA «C’era l’esigenza di mettere un punto fermo su un fenomeno così grave e diffuso. Abbiamo rafforzato gli strumenti di contrasto alla corruzione in ambito penale, è stato reintrodotto il reato di falso in bilancio». Così il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, dopo il primo sì del Parlamento al ddl anticorruzione. L’aula del Senato ha dato il via libera con 165 sì, 74 no e 13 astenuti. Il testo passa ora all’esame della Camera. «Abbiamo rischiato e abbiamo vinto – ha aggiunto Orlando – il rammarico è che non ci sia stata una convergenza più ampia».
In mattinata con 124 voti favorevoli, 74 contrari e 43 astenuti era arrivato il via libera all’articolo 8, che modifica l’articolo 2621 del Codice civile e reintroduce il reato di falso in bilancio per le società non quotate (pena da 1 a 5 anni). Bocciati gli emendamenti che prevedevano il massimo di pena a 6 anni e la possibilità di effettuare intercettazioni. Saranno invece reato anche le false comunicazioni sociali per le società quotate (pena da 3 a 8 anni di reclusione).
Maggioranza risicata
Forza Italia ha mandato segnali di nervosismo sotto forma di assenze dall’aula: più di un articolo è passato per 4 o 5 voti. Tra le novità: viene punita con una pena da 6 a 10 anni la “corruzione propria” (commessa da pubblici ufficiali), mentre va da 6 anni a 10 anni e 6 mesi quella per induzione. Per la corruzione in atti giudiziari si rischia da 6 a 12 anni. Sale a 5 anni il divieto di avere rapporti con la Pubblica amministrazione per chi è condannato per questi reati. In caso di corruzione per l’esercizio della funzione, in atti giudiziari, induzione indebita concussione e peculato il patteggiamento sarà condizionato alla restituzione del prezzo o del profitto del reato. Infine il pm che procede per corruzione, concussione, turbata libertà d’asta e traffico di influenze dovrà informare l’Autorità Anticorruzione.
Nel 2002  la spugna di Berlusconi
Il falso in bilancio viene considerato da sempre uno strumento che può favorire evasione e corruzione, con il riciclaggio e l’autoriciclaggio. Tecnicamente si tratta di una rendicontazione non veritiera di alcuni parametri fondamentali del bilancio di un’azienda. Una frode che può influire sul credito, portare vantaggi indebiti a danno di soci o azionisti e creare fondi neri grazie alla liquidità parallela. Nel 2002 si è assistito ad un’ampia depenalizzazione di questo reato. Era l’epoca del secondo governo Berlusconi con ministro della Giustizia il leghista Roberto Castelli. Fu lui a presentare un decreto legge sulla riforma del diritto societario che conteneva un alleggerimento del falso in bilancio, mantenendo l’illecito ma prevedendo come sanzioni soprattutto pene amministrative. La norma precedente, che prevedeva l’arresto fino a 5 anni, fu modificata portando la pena massima a 2 anni. Al momento del decreto presentato dal ministro Castelli, l’allora premier Silvio Berlusconi si trovava coinvolto in diversi processi dove faceva capolino proprio il falso in bilancio. A seguito di quel provvedimento tutti i processi sono poi finiti sostanzialmente nel nulla.
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1 Aprile 2015
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