Lavoro
6:09 pm, 31 Marzo 15 calendario

Call center, in Italia è una realtà mordi e fuggi

Di: Redazione Metronews
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 ROMA. Millequattrocento imprese, 80 mila addetti, il 35% dei quali ha fra i 35 e i 50 anni, in prevalenza diplomati o laureati. È il settore dei call center in Italia, così come fotografato nell’indagine conoscitiva   della Camera presentata ieri in Commissione lavoro. Sul versante delle imprese, i numeri sembrano confortanti: con un fatturato di oltre 2,3 miliardi di euro (nel 2011), il settore ha registrato uno sviluppo  forte passando da 935 operatori nel 2003 a 1.400 nel 2011. Quanto all’occupazione, fra il 2008 e il 2012 si è registrato un incremento pari al 12%. Numeri a parte, «tanto il settore produttivo nel suo complesso, quanto le condizioni dei lavoratori, presentano rilevanti elementi di fragilità». Il settore risulta così decisamente più fragile rispetto ad altri riguardo alla condizione di lavoratrici e lavoratori. 
Le criticità
I lavoratori dei call center si sentono «i più precari». A rendere incerto il loro futuro non è solo la crisi, ma l’ondata di delocalizzazioni. Le storie dei lavoratori  si assomigliano così tutte, segnate da un posto che oggi c’è ma già domani potrebbe essere cancellato o trasferito. Come accade a Giovanni, di Cosenza, con  un datore di lavoro che ha «già aperto una sede a Tirana, in Albania».  «In presenza di un contesto che non incentiva adeguati investimenti sulla professionalità dei lavoratori – spiega l’avvocato tributarista Fulvio Castelli – si sono affermati processi di delocalizzazione». Ieri il viceministro dello Sviluppo economico, Claudio De Vincenti ha annunciato che partiranno nei prossimi giorni «le sanzioni con effetto deterrente sulla delocalizzazione selvaggia dei call center». Altro nodo, quello degli incentivi alle assunzioni (legge 407 del 1990), che «andrebbero ripensati»: essi hanno finito per favorire la nascita di aziende «mordi e fuggi» che «riescono ad aggiudicarsi importanti commesse grazie ad offerte fuori mercato». È sugli appalti che il dossier della Camera sollecita  «l’uso dell’offerta economicamente più vantaggiosa», che  prenda in considerazione  anche la qualità del servizio. Infine la cronaca più recente: il Jobs Act, che abolisce i contratti a progetto a partire dal 2016, non riguarderà i  call center. «Ma la partita è tutt’altro che conclusa».
s.b.

31 Marzo 2015
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