Massimo Blasoni
6:09 pm, 30 Marzo 15 calendario

Marchi in vendita Operazione a senso unico

Di: Redazione Metronews
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Se ne va anche Pirelli che, giriamola come vogliamo, non è più italiana e diventa cinese. E intanto viene annunciata la prossima cessione di Pininfarina, storica azienda di design industriale, a un gruppo indiano. Non si tratta di nazionalismo di maniera, ma nella nostra politica economica c’è qualcosa non va se sono ormai centinaia i marchi storici venduti all’estero. Barilla, Alitalia, Star, Plasmon, Algida, Edison, Gucci, BNL, Parmalat, Eridania, San Pellegrino, Salumi Fiorucci, Peroni, Riso Scotti, Pernigotti, Gancia, Buitoni, Antica Gelateria del Corso, Bottega Veneta, Loro Piana e tanti altri costituiscono ormai i grani del triste rosario di un’economia nazionale che sta perdendo competitività. La capacità, il genio di tanti imprenditori italiani che hanno inventato prodotti famosi nel mondo – dall’alimentare all’abbigliamento, ma non solo – si infrange contro un muro altissimo e resistente, eretto dall’insipienza politica su questioni cruciali: dall’energia al credito, passando le infrastrutture. Al tempo dell’economia globale è normale che i capitali si muovano e dunque che le aziende vengono acquistate e vendute senza tener conto della loro nazionalità. Ma c’è da chiedersi perché questo avvenga pressoché a senso unico e faccia arrossire il saldo tra marchi acquisiti da italiani sui mercati esteri (come hanno fatto la Luxottica di Leonardo Del Vecchio e la Fiat gestita da Sergio Marchionne) e quelli invece venduti. Un sindacalismo eccessivo, una burocrazia astrusa e l’atteggiamento della politica – più incline a voler gestire direttamente parte dell’economia che non a proporre le riforme necessarie – hanno favorito nel tempo un tessuto economico fatto spesso di imprese troppo piccole e quindi del tutto incapaci di fare shopping all’estero. D’altronde è davvero difficile correre se le tue spalle sono schiacciate da una tassazione elevatissima (quella apparente è pari al 44,1% del Pil e sale in realtà al 53,2% se sottraiamo l’economia sommersa stimata al 17,3% del Pil), se le banche ti fanno lo sgambetto e se gli uffici pubblici fanno a gara nel frenare ogni tuo slancio. Chi compra un’azienda italiana spesso decide di trasferirne subito la sede legale al di fuori dei nostri confini. Perché stupirsene?
MASSIMO BLASONI
Presidente Centro studi ImpresaLavoro
 

30 Marzo 2015
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