Tunisia
8:43 pm, 18 Marzo 15 calendario

La Tunisia colpita per i suoi progressi democratici

Di: Redazione Metronews
condividi

ROMA La Tunisia era un bersaglio predestinato, ma non deve arrendersi all’instabilità. Lo spiega  Gabriele Iacovino, responsabile degli analisti del Ce.S.I.. «La presenza nel Paese di veterani di guerra e jihadisti della prima ora è molto forte – spiega – e va a scontrarsi con la pacificazione istituzionale in corso».
Perché la Tunisia?
Lì la presenza jihadista è rimasta fortissima fin dalla caduta del presidente Ben Alì. Con la caduta del regime lo storico Gruppo Combattente Tunisino ha avuto più spazio e ha costituito il nucleo degli islamisti di Ansar al Sharia. Questo gruppo controlla molte zone dell’area meridionale dove di fatto amministra interi villaggi sostituendosi allo Stato. 
A Tunisi era in corso un processo di stabilizzazione?
Sì, ci sono state elezioni regolari dove le forze laiche hanno battuto quelle islamiste che però si sono integrate nelle istituzioni. Per questo la Tunisia può essere un punto di partenza per la stabilizzazione del Nord Africa, ma proprio per questo è un bersaglio e l’attacco è un campanello d’allarme forte per la sicurezza. Il processo istituzionale non ha risolto tutti i problemi che restano enormi.
E l’Isis che ruolo ha?
Per ora l’Isis in quanto tale non c’è. Però il messaggio dell’Isis oggi è più forte, più strutturato, più alla moda di al-Qaeda. E quindi in tutta l’area nordafricana dove ci sono realtà jihadiste chi prima si rifaceva ad al-Qaeda ora si rifà all’Isis. L’attacco alla Tunisia rientra in questo contesto globale di attacco ai nemici. Il messaggio dell’Isis non distingue troppo tra Paese e Paese, non ce l’ha con la Tunisia in particolare. La loro indicazione è chiara: «Attaccate dove potete». E c’è sempre più gente che risponde all’appello.
Anche persone che hanno combattuto nelle zone di guerra?
È fondamentale. I tunisini sono il gruppo più numeroso di foreign fighters che sono andati a combattere in Siria e Iraq. I reduci portano radicalizzazione, esperienza, contatti e capacità. Quella di ieri non è stata un’azione qualsiasi: per quanto sia un’azione che sembra elementare, portare un attacco complesso nel cuore di Tunisi contro un obiettivo strategico come sono i turisti occidentali mostra una capacità elevata . 
Quanto c’entra l’instabilità della vicina Libia?
Siamo ancora di fronte a un fenomeno tunisino, ma avere ai confini uno Stato destabilizzato è di aiuto per il traffico di armi, denaro, combattenti. Il fenomeno jihadista in Nord Africa non è ancora transnazionale, ed è caratterizzato da gruppi molto locali, ma in futuro potranno esserci sviluppi transfrontalieri.
OSVALDO BALDACCI

18 Marzo 2015
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il giornale
Più letto del mondo