I tagli delle Poste
9:16 pm, 10 Marzo 15 calendario

I Comuni protestano per i tagli delle Poste

Di: Redazione Metronews
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Roma. L’onda della protesta è diventata uno tsunami arrivato dritto dritto sul tavolo del governo: se fino a oggi la chiusura  – pardon, razionalizzazione – degli sportelli postali era un problema relegato alle piccole città o alle periferie dove arrivava la notizia dell’ennesimo servizio pubblico da tagliare, da ieri a esserne investito è direttamente il ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi. L’Anci infatti, l’associazione nazionale dei comuni, ha preso carta e penna e ha spedito – è il caso di dirlo – una lettera all’ad di Poste, Francesco Caio, e al dicastero della Guidi: «Vediamoci per affrontare a livello nazionale il tema del taglio degli uffici». E nei giorni scorsi erano fioccate le interrogazioni parlamentari, alcune dello stesso Pd. Il piano, della durata di 5 anni, tra poco più di 30 giorni diventerà realtà: chiudere 445 uffici postali, riduzione degli orari per 608 e sostituire molti servizi”fisici” con quelli digitali. Nessun taglio occupazionale, dicono da Poste spa: 4mila contratti part time e temporanei saranno stabilizzati e in più saranno assunte altre 4mila persone (in 5 anni) con nuove professionalità, adeguate a un servizio che cambierà molto.
Il piano di Poste
«Il piano – ci dice l’ad Caio  – risponde al quadro regolatorio definito dal governo e ha individuato la mappa degli uffici con un’analisi caso per caso. La rimodulazione ha preso in considerazione la presenza di altri uffici nello stesso Comune e la distanza degli uffici nei Comuni vicini. Non saranno chiusi quelli presidio unico di un Comune, saranno salvaguardate le aree rurali e montane e le isole minori. Inoltre vengono rafforzati gli orari di apertura  di uffici con maggiori servizi». Le associazioni dei consumatori e i sindaci vogliono vederci chiaro. Sullo sfondo ci sono poi le delibere dell’Agcom che considerano sospetto l’inserimento di alcuni servizi tra quelli “universali”. Come l’invio di corrispondenza e di atti giudiziari: senza Iva se a gestirli è Poste, tassati con un altro operatore. Una situazione che dovrebbe essere sanata. Un pilastro che, se dovesse saltare, metterebbe a rischio il piano industriale. 
Il ricorso al Tar
Ci sono regioni che più di altre stanno pagando il prezzo della razionalizzazione della rete postale: è il caso dell’Umbria dove dal 2012 a oggi Poste Italiane ha già messo mano a 76 uffici postali con 32 chiusure e 44 razionalizzazioni. I sindacati sono preoccupati per il risvolto occupazionale e una settimana fa hanno annunciato barricate. Il piano porterà l’azienda a quotarsi in borsa entro novembre, ed è quinquennale. «Se al primo anno i tagli sono questi, ci chiediamo entro cinque anni quali saranno?» dicono Cgil, Cisl e Uil. E ci sono Regioni dove si è passato all’offensiva, come in Toscana: Cortona, San Giovanni Valdarno, Terranuova (Arezzo), Pontedera, Montopoli Valdarno (Pisa), Monteroni (Siena), San Romano in Garfagnana (Lucca), hanno presentato ricorso al Tar. «Non c’è stata concertazione con il territorio – scrivono – e la valutazione di antieconomicità non è certificata». 
STEFANIA DIVERTITO

10 Marzo 2015
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