MALAVITA CAPITALE
11:01 pm, 10 Febbraio 15 calendario

Camorra, in manette il clan della Tuscolana

Di: Redazione Metronews
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ROMA Un’indagine che è uno schiaffo a chi ancora sostiene che la malavita a Roma è un fatto marginale. L’operazione “Tulipano” (questo il nome del bar nel cuore del rione Monti usato dalla banda per riunirsi), svela come nella Capitale si muovesse un gruppo che operava con tutti i crismi mafiosi, primo tra tutti l’uso della violenza.
Le attività, secondo l’ordinanza firmata dal gipTiziana Coccoluto, comprendevano estorsione, usura, associazione a delinquere finalizzata allo spaccio, riciclaggio, intestazione fittizia di beni, possesso d’armi, concorrenza illecita condotta con violenze e minacce, reati contro la persona, il tutto con l’aggravante del metodo mafioso.
L’indagine, condotta dai carabinieri del Comando provinciale di Roma, ha portato anche al sequestro di attività commerciali, tra cui due ristoranti di pregio, il bar “Tulipano”, una gioielleria in via Barberini, concessionari, un night, immobili, auto, quote societarie e conti correnti per un valore complessivo di circa 10 milioni di euro. Tra gli interessi del gruppo c’era anche il riciclaggio di denaro attraverso la diffusione di slot machine, imposta con la violenza in tutto il quadrante sud est della Capitale.
Capo del sodalizio, per gli investigatori, era Domenico Pagnozzi, personaggio di spicco della Nuova Camorra Organizzata, già in carcere (condannato in primo grado all’ergastolo) dal 2014 per l’omicidio del boss della Marranella Giuseppe Carlino, avvenuto nel 2001. Un favore fatto a un altro capo di primissimo piano, Michele Senese, anche lui condannato al carcere a vita come mandante di quel delitto. Al vertice c’era anche Massimo Colagrande, con un passato nella destra radicale, considerato il cassiere del gruppo. Nonostante l’arresto di Pagnozzi, il gruppo aveva ormai consolidato il suo potere, tanto che gli affiliati provenienti dalla Campania erano conosciuti da tutti nell’ambiente criminale come i napoletani della Tuscolana.
Gli scambi di favori con Napoli
C’è un risovolto inquietante nell’indagine “Tulipano”, avviata nel 2008 dai carabinieri. Il legame tra il boss campano Domenico Pagnozzi e Michele Senese, napoletano di nascita ma attivo nella Capitale dagli anni ‘80, comprendeva l’utilizzo di sicari provenienti dalla Campania per commettere omicidi nella Capitale per conto di Senese.
Lo rivela uno dei principali collaboratori di giustizia nell’inchiesta dell’Arma. Un aspetto che interessa molto gli inquirenti per risolvere i tanti delitti di malavita degli ultimi anni rimasti senza colpevoli. Dalle indagini è emerso che la banda conosceva il “dominus” di Mafia Capitale, Massimo Carminati, e ne rispettava gli affari.
Le piazze di spaccio
Dalle indagini è emerso che il gruppo aveva il controllo dello spaccio al Pigneto, Torpignattara, Quarticciolo, Centocelle, Borghesiana e Ponte di Nona.
PAOLO CHIRIATTI
 

10 Febbraio 2015
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