L’amaro risveglio di Tel Aviv
Una tranquilla mattina a Tel Aviv, le strade sono già ingorgate dal traffico tipico di ogni grande città. Qualcuno prende l’autobus: i ragazzi, i meno abbienti, gli anziani. Sono lontani i giorni degli autobus sventrati dai kamikaze, rimandano ai lontani anni ’90 ed è incredibilmente lontana anche l’estate dei missili e delle sirene di guerra. Tel Aviv è ormai un fiorire di grattacieli che cambiano lo skyline della vecchia città “sur pilonis”, quella delle palazzine a quattro piani. Una città che ostenta ricchezza immobiliare inaccessibile ai più, mentre il sud della città è popolato da immigrati africani che sono sempre più numerosi e che rivendicano lavoro e assistenza. Il lungomare di Tel Aviv è un’ininterrotta spiaggia attrezzata che si congiunge al porto di Jaffa in un progressivo modello di integrazione di sapori e costumi arabo-israeliani. Questa è Tel Aviv! Una città che ispira fiducia, sicurezza, progresso, possibilità, nonostante le sue contraddizioni. Se vai a Gerusalemme vedi una popolazione mista, Gerusalemme est ed ovest sono ormai collegate da un efficientissimo tram multietnico, eppure la tensione in certe fermate ancora si sente. Tristemente, ma a ragione, visti i frequenti attacchi, ti guardi ancora un po’ le spalle. Ma a Tel Aviv, ultimamente, quando sali su un autobus conti di arrivare a destinazione. E invece, un mercoledì mattina, improvvisamente, qualcuno sale sul tuo stesso autobus numero 40 e pugnala l’autista, che è un uomo navigato, uno che guarda sempre negli occhi chi sale e gli fa il biglietto: è una forma di controllo. L’attentatore stavolta è un giovane ventitreenne di Tulkarem (Matrouk), non così disperato da farsi saltare in aria. Dopo aver ferito quasi a morte l’autista che tenta di fermarlo, insegue e pugnala i passeggeri che scappano disperatamente dall’autobus. Stavolta, straordinariamente, non viene freddato. Lo gambizzano, finisce in ospedale. E a Tel Aviv scatta una nuova sirena d’allarme. Qualcosa spezza di nuovo la precaria pace che il cielo regala per poco: si ferma un autobus sotto il Ponte della Sera (Ma’ariv Bridge). E così, la città che non dorme mai, si sveglia di nuovo dal suo breve riposo. “Israele, oggi, è il posto più sicuro per un ebreo”, recita una certa propaganda politica. Non è vero!
LOREDANA CHIAPPINI
Insegnante
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