Charlie Hebdo
12:06 pm, 10 Gennaio 15 calendario

La strage di Charlie Hebdo spiegata in classe ai ragazzi

Di: Redazione Metronews
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ROMA. La mattina di giovedì, mentre andavo al lavoro, pensavo al modo in cui avrei dovuto introdurre la tragedia parigina. Non sapevo da dove iniziare. Non riuscivo a individuare il tipo di narrazione da adottare. E poi mi sentivo pure inadeguato. Così, vincendo una serie di resistenze interiori che vanno sotto il nome generico di “paura”, ho deciso di chiamare Mohamed Abdalla Tailmoun, scrittore e attivista della Rete G2 Seconde Generazioni (organizzazione fondata da figli d’immigrati e rifugiati, attiva in Italia dal 2005). Gli ho chiesto come avrebbe spiegato, da musulmano, i fatti di Parigi del 7 gennaio 2015 a ragazzi italiani tra i 16 e i 18 anni, che per la gran parte si ritengono cattolici. Lui mi ha risposto, precisando che avrebbe parlato a titolo personale.
Io direi subito che condanno qualsiasi tipo di aggressione: questo di Parigi è un atto di terrorismo, un agguato puro e semplice, dove chi non condivide le tue opinioni viene ammazzato. Non può essere aggredita una persona o addirittura uccisa solo perché ride o fa ridere qualcun altro, o ironizza sulle convinzioni o supposte tali di qualcuno.
Non c’è alcun collegamento secondo me tra questi attentati e l’Islam. Non si capisce che cosa può avere a che fare una religione parente prossima del cristianesimo e dell’ebraismo con un episodio del genere. Anche volendo seguire la loro folle logica, quella secondo la quale sono vietate le rappresentazioni del Profeta, sono comunque delle motivazioni ridicole.  Gli sciiti, che sono una fetta importante della comunità islamica, rappresentano il Profeta e i membri della sua famiglia. Questa gente è fuori da ogni logica. Questo episodio non ha niente a che fare con l’Islam. Sicuramente va detto che questo episodio mostra la grave crisi in cui versa il modello di società francese. È in crisi il patto di cittadinanza che tiene insieme la società dai tempi della Rivoluzione, un patto basato sui valori “repubblicani” dell’eguaglianza, fratellanza e libertà. Questo patto va riscritto da capo mettendo da parte le contrapposizioni.
Stava per suonare la campanella e dunque ho dovuto aggiornare al pomeriggio la telefonata. Sono entrato in classe e ho raccontato ai miei studenti del colloquio appena avuto e, ovviamente, ho introdotto la questione dell’attentato a Charlie Hebdo. Abbiamo iniziato a leggere i giornali sulla lavagna elettronica e a parlare. Poi sono sorte molte domande dagli studenti stessi, che non sarei riuscito a formulare in maniera più precisa. Finita la “lezione”, non ho fatto altro che rivolgerle, via mail in questo caso, a Mohamed Abdalla Tailmoun. Che gentilmente oggi ha risposto.
C’è chi dice che la religione islamica sia più violenta delle altre? Che la violenza e l’intolleranza siano proprie già del Profeta Maometto.
In tutte le religioni monoteistiche c’è questa cosa della difesa dell’identità. Se tu vai nei paesi islamici (Iran, Iraq, Egitto, Algeria, Marocco) trovi minoranze cristiane autoctone che sono sempre state presenti e hanno potuto vivere in pace e non sentirsi oppresse. Non si sono sentite spinte verso l’islamizzazione. Questo è un periodo storico di oscurantismo, è un momento buio della religione islamica, in cui prevalgono le interpretazioni più oscurantiste e più lontane dallo spirito aperto e tollerante che l’ha contraddistinta in passato. Nel periodi buio escono fuori i mostri. Alcuni di loro li abbiamo visti in azione a Parigi.
Ti senti indirettamente coinvolto essendo della stessa comunità religiosa?
Mi sento coinvolto in quanto essere umano prima di tutto, nella misura in cui le prime vittime di questi assassini travistiti da fanatici religiosi siamo noi esseri umani. Il terrorismo non fa nessuna distinzione di appartenenza “religiosa”. Il poliziotto che viene barbaramente ucciso mentre sta a terra ferito è una “seconda generazione”, con un nome di origine islamica: Ahmed Merabet. Nato in Francia da genitori algerini. Il correttore di bozze che viene trucidato in redazione insieme agli altri suoi colleghi è un algerino di “prima generazione”.
Quali saranno secondo te le conseguenze di un atto del genere?
Auspico che prevalga il buon senso e che l’Europa in qualche modo riesca a far prevalere i valori di cui i giornalisti del Charlie Hebdo erano portatori: un approccio laico e dissacrante verso tutto e tutti ma allo stesso modo un profondo rispetto per il valore della vita umana. Tutto il contrario dei loro aguzzini.
Nel caso la Francia rispondesse con un attacco armato all’Isis, come la prenderesti?
Credo che si sia lasciato fin troppo spazio di manovra all’Isis. Andava colpito e fermato prima, soprattutto perché le prime vittime dell’Isis sono tutti gli arabi che abitano nei territori sotto il suo controllo. Indipendentemente dalla loro religione, musulmani o cristiani che siano.
TONY SACCUCCI
 
 
 
 

10 Gennaio 2015
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