Quirinale
6:38 pm, 30 Dicembre 14 calendario

Un nuovo presidente per il Quirinale 2015

Di: Redazione Metronews
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ROMA Nel 2015 avremo un nuovo presidente della Repubblica italiana. Giorgio Napolitano su questo è stato abbastanza chiaro. Anzi, si dice che il suo ufficio da Senatore a vita sia già pronto a Palazzo Giustiniani, sarà lo stesso che era stato occupato dal suo predecessore Oscar Luigi Scalfaro. Al quarto piano è tutto pronto per accogliere quello che diventerà Presidente emerito dopo l’addio al Quirinale. Gli uffici destinati a Napolitano misurano circa 120 metri quadrati e si trovano vicini a quelli di Carlo Azeglio Ciampi. Dal Quirinale il ‘trasloco’ sarebbe iniziato qualche giorno fa, con documenti, libri, quadri.
Durante il periodo che seguirà alle dimissioni formali del presidente, in attesa dell’elezione del successore, sarà il presidente del Senato Pietro Grasso a svolgere l’esercizio provvisorio della funzione di Presidente della Repubblica, assegnato alla seconda carica dello stato nei periodi di vacatio sul Colle. Presso il Palazzo Giustiniani per tutta la durata dello svolgimento della reggenza delle funzioni di Capo dello Stato da parte di Grasso ci sarà la Guardia d’onore dei Corazzieri e sarà ospitato il vessillo della Presidenza della Repubblica. 
La politica
la scelta del nuovo presidente sarà forse la decisione politica più importante dell’anno. Intanto perché il presidente dura in carica sette anni, ben oltre la scadenza dell’attuale legislatura prevista nel 2018. E poi perché si è ormai dimostrato quanto sia importante il ruolo del presidente i cui poteri non sono solo di rappresentanza. 
Ad eleggere il nuovo capo dello Stato sarà lo stesso Parlamento che non riuscì a trovare un successore di napolitano nel 2013. E non è che da allora i conflitti si siano attanuati, anzi. La temperatura politica è molto alta e qualcuno ha previsto l’elezione più caotica e difficile della storia. Altri invece rassicurano, sostenendo che il quadro generale del sistema si sia andato stabilizzandosi. Certo dal 2013 sono cambiate molte cose. Il Pd ha bruciato prioma Bersani e poi Enrico Letta, e ora il pallino è in mano a Matteo Renzi. Berlusconi ha cambiato spesso il suo ruolo, è uscito dal governo di larghe intese col PD ma ha stretto il Patto del Nazareno con Renzi. Nel frattempo è arrivata la condanna e l’interdizione dai pubblici uffici. Il rassemblement messo insieme da Monti si è sciolto, mentre gli alfaniani si sono separati da Forza Italia (nel 2013 c’era ancora il PDL) e ora convergono con l’UDC. Il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo non sembra più la forza irresistibile di due anni fa ed è lacerato da scissioni e polemiche. Nonostante la Lega sia in grande crescita sulle posizioni contrarie all’attuale sistema di Matteo Salvini, Renzi trova più opposizione dentro il suo stesso partito che fuori. 
Le scelte in gioco
Il puzzle per comporre l’identikit del nuovo presidente è quindi più comnplesso che mai. Tutto è cambiato e allo stesso tempo tutto è rimasto uguale. Persino nell’opinione pubblica i sentimenti sono rinnovati. E dunque ci sarà da decidere se si vuole alla guida del Quirinale una personalità politica che conosca le regole oppure un esponente della cosiddetta società civile che porti più lustro che competenza. Sarà da sciogliere il nodo se l’inquilino del Colle dovrà essere espressione del partito di maggioranza, il Pd, o se invece dovrà essere esterno per offrire maggiori garanzie a tutti. Verrà valutato se è più opportuno che il presidente sia una persona non solo autorevole ma anche forte dal punto di vista politico o se è più opportuno puntare su un uomo di esperienza e capacità ma che non sia più pienamente addentro agli equilibri di palazzo. L’esperienza dei franchi tiratori farà stare tutti col fiato sospeso fino all’ultimo, per vedere se le indicazioni dei leader saranno rispettate nel segreto dell’urna o si comincerà una carneficina di trombati che non si sa dove potrebbe condurre. E soprattutto bisognerà vedere quale maggioranza potrà eleggere il presidente: di fatto l’alternativa è tra un accordo tra PD e centro-destra, oppure tra Pd e 5 stelle. Quest’ultima ipotesi cambierebbe però tutti gli equilibri politici attuali e non potrebbe restare senza conseguenze. 
OSVALDO BALDACCI

30 Dicembre 2014
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