L'ALTRA EUROPA
10:33 am, 15 Dicembre 14 calendario

Belgrado, una città sospesa tra Est e Ovest

Di: Redazione Metronews
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Otto città, otto week-end, otto documentari. Il progetto Un week-end con i giovani dell’altra Europa, ideato dal giornalista Domenico Naso e realizzato con il fotografo Vincent  Urbani, vuole raccontare le nuove generazioni di alcune Capitali europee tra le meno battute dal turismo di massa. La prima tappa, appena realizzata a Belgrado e pubblicata da Metro, è stata quasi totalmente finanziata dalle donazioni via PayPal di chi ha creduto nel progetto. Il primo documentario è già in studio di montaggio, mentre le prossime tappe saranno a Sarajevo, Reykjavik, Bucarest, Atene, Tallinn, Mosca e Kiev. Per informazioni si può consutare il sito: www.domeniconaso.it.
SERBIA Non è occidente, non è oriente. O forse è tutte e due le cose. Belgrado è, da sempre, crocevia di culture, religioni e ideologie, terreno di scontro tra civiltà distinte e distanti, epicentro di movimenti bellici e diplomatici, snodo della Storia come ce ne sono stati pochi altri. Austriaci e ottomani, nazisti e partigiani titini, tutti hanno tentato di controllare questa punto di passaggio ideale tra due mondi, due culture, due modi di intendere la vita. Belgrado è una città difficile, dalle mille sfaccettature, con un’anima particolare e spigolosa.
Tra gloria e miseria
Oggi somiglia a una di quelle vecchie signore dai nobili natali, trovatesi loro malgrado a vivere una vecchiaia indigente e decadente, tra glorie del passato e miserie del presente. Orgoglio e decadenza, bellezza trascurata e bruttezza evidentissima: questa è la Belgrado di oggi.
Certo, la città, come l’intera Serbia, è vittima di pregiudizi duri a morire. In fondo i serbi sono stati gli ultimi nemici europei dell’Occidente novecentesco, prima con la terribile guerra in Bosnia e poi con quella del Kosovo di fine anni Novanta. Brutti, sporchi e cattivi, intrisi di nazionalismo e dalle malcelate venature fascistoidi. Ci hanno insegnato che i serbi sono così e noi ci abbiamo creduto. E solo quattro anni fa, in fondo, lo stereotipo serbo si era ripresentato in tutta la sua virulenza con le scorribande di Ivan il Terribile e degli hooligans balcanici a Genova, durante la partita di calcio tra Italia e Serbia, annullata e vinta a tavolino dagli azzurri.
Credere che tutti i serbi siano così, però, sarebbe un comodo ma superficiale approccio alla questione. Un po’ come quando gli americani pensano che noi italiani siamo tutti Vito Corleone in sedicesimo. Eppure, basta frequentare i posti giusti per capire che Belgrado non è affatto la città austera e autoritaria che molti di noi pensano che sia. Il primo impatto con la Capitale serba, in realtà, non è molto promettente. L’aeroporto “Nikola Tesla”, nonostante cartelli e indicazioni siano esteticamente identici a quelli di qualsiasi scalo occidentale, ha un’aria dimessa, grigia. È poco frequentato, e neppure alcune boutique alla moda riescono a levare la patina di decadenza post-comunista che lo pervade.
Risposta sorprendente
Avvicinandosi in taxi al centro della città, però, l’occhio del visitatore occidentale comincia a percepire qualcosa di familiare. Centri commerciali nuovi di zecca, palazzoni moderni, illuminati a giorno, con ampie vetrate e cartelloni pubblicitari. Grigio monumento postumo al socialismo reale o metropoli in espansione al passo con i tempi? È questa la domanda che farà arrovellare il visitatore nel corso di tutta la sua permanenza. La risposta arriva all’improvviso, quando meno te lo aspetti, mentre fai il percorso inverso che ti riporta in aeroporto alla fine del viaggio.
Ed è una risposta sorprendente: né l’uno, né l’altra. Belgrado è altro. E capirlo non è facile se non si è disposti a mettere in discussione i pregiudizi culturali, sociali, politici e storici che si sono sedimentati nella mente di chi, da questa parte dell’Adriatico, ha visto la Serbia come l’ultimo nemico del Novecento.
Andare oltre i cliché
Sarebbe stato facile raccontare la città seguendo il canovaccio imposto dai media: un pizzico di nostalgia titina, qualche irriducibile sostenitore di Slobodan Milosevic, il solito tuffo nelle fogne dell’hooliganismo calcistico di estrema destra. Si mescola bene e si serve il solito cocktail letale di cliché. La vera Belgrado, o almeno quella per nulla trascurabile che pulsa nell’animo di ampi settori della popolazione giovanile, è invece un concentrato vibrante di impegno politico, ribellismo pragmatico e rigoglio culturale. Certo, se ci si limita alle belle vetrine di piazza della Repubblica, è quasi impossibile accorgersene. Ma a pochi metri dalle vie della Belgrado globale e “normalizzata”, magari nascosta dietro portoncini anonimi e senza insegne, si nasconde la città vera.
Una birra e una grappa
Studenti che occupano la facoltà di Filosofia da due mesi per difendere l’istruzione pubblica, poeti anarchici che tra una birra e un bicchiere di rakjia (la fortissima grappa balcanica che qui fanno con le prugne) ti spiegano sognanti il loro Paese ideale, impegnatissimi startuppers che da una soffitta di periferia costruiscono una Serbia innovativa e tecnologica, attivisti Lgbt che si scontrano con una delle società più omofobe d’Europa e rischiano randellate solo perché manifestano i loro sentimenti.
Mix unico e originale
È un mix di impegno, passioni e utopia, la Belgrado che abbiamo scoperto. I giovani della città si sentono europei ma non vedono nella Ue la panacea di tutti i loro mali. Temono l’abbraccio mortale della Russia ma non si fidano neppure degli Stati Uniti, che in fondo solo quindici anni fa bombardavano (a torto o a ragione non fa differenza) le loro città. Sono esattamente nel mezzo, così come lo è Belgrado, così come lo è la Serbia. E non chiedete loro di scegliere. Non lo faranno. Nel bene e nel male, sentono di essere diversi da tutti gli altri. E forse hanno ragione.
DOMENICO NASO

15 Dicembre 2014
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