12:05 am, 22 Settembre 14 calendario

Quel vecchio calcio che non ama im giovani

Di: Redazione Metronews
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Largo ai giovani. Uno slogan antico ma che non ha avuto (quasi) mai applicazione nella realtà italiana. Soprattutto nel mondo del calcio. Ora, l’avvento di Carlo Tavecchio alla presidenza Figc potrebbe far cambiare la situazione. Uno dei punti cardine del nuovo presidente del calcio italiano, è quello di dare linfa ai settori giovanili. «Le rose delle squadre non potranno avere più di 25 calciatori,  8 di questi dovranno essere formati nei nostri settori giovanili – le parole di Tavecchio – in Italia c’è un bacino di 700mila giovani sotto i 18 anni. Per farli conoscere bisogna realizzare centri federali con diramazioni nelle province e poi nelle regioni. La Figc dovrà andare anche nelle scuole per creare, come gli inglesi, delle squadre negli istituti scolastici che possano partecipare a dei campionati». Parole che fanno ben sperare. Intanto, i giocatori di alto livello stanno diminuendo: possibile che ci sia un calo del talento nel nostro paese? Difficile. È molto più probabile che manchino gli investimenti nei settori giovanili, nello scouting, in metodi di allenamento più moderni che si adattino al calcio sempre più fisico dei giorni nostri. Sarebbe il caso di guardare ai modelli di altri paesi, come il Belgio o la Germania, che dopo i fallimenti nazionali degli anni ’90 hanno cambiato l’impostazione dei vivai, con risultati più che incoraggianti. Una delle società italiane che crede molto nel settore giovanile è il Perugia. «Facciamo delle selezioni mirate con istruttori capaci – dice Mirko Vagnoli, responsabile del settore giovanile del Perugia – abbiamo iniziato da poco tempo ma ci muoviamo bene. Ci serviamo di una rete di osservatori e abbiamo creato la Perugia Academy, con società affiliate anche nel Lazio e in Toscana. Vogliamo trovare buoni gioocatori, dare loro una formazione sportiva e umana, e cercare di farli arrivare a giocare nelle categorie superiori: nel Perugia ma anche in altre società. È il loro trampolino di lancio, è  un investimento che speriamo renda».
(Francesco Nuccioni)
L’INTERVISTA
«Lo scopritore di talenti è quello che  individua in un giocatore quello che altri non vedono». Stefano Rea spiega così la sua professione, quella di talent scout. Da 14 anni i suoi occhi scandagliano a raggi X i campi di provincia dell’Italia e dell’Argentina alla ricerca di piccoli talenti che, forse, da grandi potranno diventare star del calcio. «Ho cominciato seguendo Angelo Mazzola che lavorava nella Samp – spiega Rea – ora sono in proprio.
Come si scoprono i talenti? Io seguo solo 2 categorie: giovanissimi  e allievi nazionali. Vado ad osservare i calciatori delle squadre professionistiche che giocano poco. I miei collaboratori che girano le province d’Italia, mi segnalano se c’è qualcuno da seguire. Individuato il calciatoregiro anche  un video, e poi contatto le società. Se a loro interessa, parlo con i genitori e organizzo un provino. Con quali club lavora? Con quelli del Nord: Sampdoria, Genoa, Torino, Juve, Milan, Inter, Pro Vercelli, Novara. I rapporti con i vari Sabatini, Galliani…Buoni ma ci vogliono anni per avere la loro fiducia. e non devi sbagliare. Un suo giocatore che è riuscito a emergere? Olgian Mercay,  Under 17 dell’Albania.
(Fr.Nuc.)

22 Settembre 2014
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