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6:02 am, 17 Luglio 14 calendario

La società è più rosa ma la lingua discrimina

Di: Redazione Metronews
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Libri Nilde Iotti si offese quando venne definita dall’Ansa “la” Presidente della Camera, essendo quel “la” per lei una “diminutio”, rispetto al più rispettabile  “il”. Scusabile, da outsider  in un campo fino ad allora a sesso unico. Ma anche oggi che le donne sono dappertutto trovare le parole non è sempre facile. Per questo Giulia, associazione di giornaliste impegnata a rimuovere le discriminazioni di genere nei media, ha prodotto un agile manuale “Donne, grammatica e media” ad uso di giornalisti e non solo (ordinabile a giuliagiornaliste@gmail.com), curato da Maria Teresa Manuelli e dalla linguista e accademica della Crusca Cecilia Robustelli.
In questi giorni si è parlato di future donne vescovo nella Chiesa Anglicana, di preti donne: Robustelli, ci aiuti.
Non si deve scioccare,  bisogna darsi dei tempi. Per la parola prete al femminile sarà l’uso che ci dirà quale sarà la scelta migliore, magari la prete.
Non è un problema imminente. Ma il processo di femminilizzazione della lingua a qualcuno suona forzato. Come funziona: è la lingua che si adatta o ogni tanto bisogna dare una spintarella?
Nessuna forzatura, la lingua si è sempre adattata ai cambiamenti della società in modo naturale. Per quanto riguarda il femminile, non dobbiamo inventare niente: c’è un modello perfetto con poche varianti che possiamo applicare. Le resistenze non sono linguistiche, ma culturali. Si fa fatica ad associare certi titoli alle donne, ma non è che manca la parola: ingegnere, ingegnera, come infermiere e infermiera.
Facile, ma tra avvocata e avvocatessa?
Giusti tutti e due, l’importante è dare visibilità alle donne: si dica come si vuole purchè si dica.
Ma a volte sono le donne stesse che non gradiscono il titolo al femminile.
Vero, questa resistenza riflette una scarsa consapevolezza, una concezione della società da anni Settanta: sottintende che il titolo vero è quello al maschile. Ma l’italiano funziona in un altro modo: se una lingua prevede il genere, si crea anche un’attesa diversa se io dico la giudice o il giudice. Il genere è come il numero, non è uguale dire 1 o 2.   
Nessuna difficoltà incontrata finora?
Una giudice mi ha chiesto come comportarsi con la parola difensore: difensora o difenditrice? Le opzioni sono queste.
Fortunati gli inglesi allora, che hanno il neutro.
È solo l’abitudine.
PAOLA RIZZI
@paolarizzimanca
 

17 Luglio 2014
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