12:05 am, 23 Giugno 14 calendario

Olio lubrificante usato un virtuosismo italiano

Di: Redazione Metronews
condividi

Roma. Tutti i motori a combustione interna hanno bisogno per il loro funzionamento di olio lubrificante, che però, con l’usura e il passare del tempo, si consuma perdendo le caratteristiche chimico-fisiche per cui era stato impiegato e per questo deve essere sostituito. Ma che fine fa il quantitativo di olio usato una volta sostituito da quello nuovo? In Italia a garantire una corretta gestione dei lubrificanti usati c’è il Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati (COOU), un ente ambientale attivo dal 1984 che, attraverso una struttura pubblico-privata, è riuscito a raggiungere importanti risultati e a offrire un contributo, seppur piccolo, anche all’economia nazionale.
Un rifiuto pericoloso
L’olio usato, infatti, è un rifiuto che la legge definisce pericoloso, ma che può anche rivelarsi un’ottima risorsa per il nostro Paese: la filiera che negli anni è riuscito a costruire non solo ha contribuito a migliorare il quadro normativo di riferimento per il settore, ma vanta anche un’elevata innovazione tecnologica cui guardano persino altri Paesi nel contesto europeo. Una volta raccolto, l’olio viene analizzato per stabilirne la giusta destinazione. Secondo quanto fissato per legge, i lubrificanti raccolti devono essere smaltiti in via prioritaria tramite rigenerazione che, ove sia possibile, porta alla produzione di nuove basi lubrificanti con caratteristiche identiche a quelle dell’olio prodotto direttamente dalla lavorazione del greggio; diversamente si può procedere alla combustione o al coincenerimento. Ma se la natura dell’olio raccolto non consente di optare per nessuna delle 2 alternative, esso viene incenerito o stoccato in depositi permanenti.
Un po’ di olio sfugge ancora
In 30 anni di attività il COOU è riuscito a raccogliere 5 milioni di tonnellate di lubrificante usato, di cui la maggior parte rigenerabile (4,5 milioni di tonnellate). «Le 44 mila tonnellate raccolte nel 1984 rappresentavano solo il 17% di ciò che si poteva raccogliere – spiega il Presidente COOU, Paolo Tomasi – negli Anni 90 la percentuale è salita al 60% e oggi possiamo affermare di essere sopra al 97 per cento». Nonostante ciò, c’è ancora una piccola percentuale di olio usato che sfugge alla raccolta, legata in parte al settore industriale, che lo usa impropriamente come combustibile, e in parte al cambio dell’olio “fai da te” di chi è convinto che piccole quantità disperse nell’ambiente non siano dannose. «Basti considerare – aggiunge Tomasi – che 4 kg d’olio, il comune cambio di un’autovettura, se gettati in uno specchio d’acqua inquinano una superficie pari a quella di un campo di calcio». Eppure la raccolta per chi lo detiene è persino gratuita.
 
(Rinnovabili.it)

23 Giugno 2014
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il giornale
Più letto del mondo