12:02 am, 23 Giugno 14 calendario

BALDINI RACCONTA IL MONDIALE DI ARTUR

Di: Redazione Metronews
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Artur Nascimento ha sempre amato il calcio. Fin da piccolo, ogni volta che incrociava un oggetto di forma rotonda sulla sua strada, gli dava un calcio. Come altri bambini di Cidade de Deus, una baraccopoli nella zona ovest di Rio De Janeiro, in Brasile, ha dovuto imparare troppo presto a cavarsela da solo. A scuola ci andava raramente ed era difficile tenersi lontano dai guai: passava la giornata a bighellonare per le strade polverose della favela, dove molti ragazzini di soli 10 anni, per sopravvivere alla povertà e alla disoccupazione, finiscono per essere coinvolti nelle gang criminali.
A Cidade, solo il 3% dei giovani arriva alla fine delle scuole superiori; esiste il disperato bisogno di una concreta alternativa per sfuggire ad una vita di violenza, privazioni e criminalità. Artur ha incontrato sul suo cammino il Centro de Estudos de Ação Cultural e Cidadania, un’associazione partner di ActionAid. Lì ha incontrato altri ragazzi della sua età, ha imparato a giocare a calcio, togliendosi così dai rischi della “vita da strada”. E ha ripreso ad andare a scuola.
Questa è una delle tante storie dell’altro Brasile, quello che gli amici di ActionAid, l’organizzazione internazionale con la quale da anni sono impegnato, sta portando all’attenzione del pubblico italiano, proprio mentre i riflettori sono puntati sugli stadi affollati dei Mondiali di Calcio.
Oggi sono quello di Atene 2004, ma la storia di Artur mi fa ripensare a quando da ragazzino, i miei fratelli mi portavano a correre sulle strade del reggiano. Alla prima maratona a 24 anni, alla soddisfazione di aver messo sulla strada in questi anni tutta la passione e la motivazione che avevo nelle gambe e nella testa. Fare l’atleta è per davvero una scelta che va seguita fino in fondo.
Anche la lotta alla povertà richiede passione, grinta e coraggio. Lo sport, che è in grado di suscitare emozioni e unire le persone, può e deve fare molto in questa direzione. Come dimostra l’esperienza di ActionAid nei diversi paesi del mondo, è anche uno strumento per aggregare comunità, giovani e ragazzi facendo leva contro l’esclusione sociale, e quindi per promuovere diritti e solidarietà, cambiando concretamente la vita delle persone; come quella di Artur e dei tanti ragazzi di Cidade.
Anche quella di José Carlos Lopez, è una storia di cambiamento. Aveva 11 anni quando il governo lo trasferì forzatamente a Cidade. Aveva nelle vene un talento vero per la palla, tanto da catturare già da piccolissimo l’attenzione degli allenatori della squadra locale.  E da riuscire ad ottenere un ingaggio da parte del Bangu, famosa e centenaria squadra di Rio.
A 21 anni, però, il corso della sua vita cambia. Costretto ad appendere al chiodo gli scarpini, per aiutare la famiglia a pagare conti e bollette. Dal 2001 dedica la sua vita ad offrire ai giovani di Cidade un’alternativa al crimine, dirigendo gli allenamenti di calcio. Ma continua a ripetere, che l’obiettivo principale “non è far nascere dei giocatori di calcio, ma farne dei buoni cittadini e offrire loro una possibilità.”
Per ottenere un reale cambiamento, è davvero importante dare voce a chi non ce l’ha. Come i ragazzini delle favelas brasiliane ma anche i bambini delle periferie più disagiate della nostra Italia. E’ necessario conoscere, vedere, stimolare le riflessioni, coinvolgere:  è importante quindi che ognuno faccia la propria parte, trovando un terreno comune per vincere le grandi sfide che si giocano fuori dai campi di calcio.
Un’altra occasione per conoscere l’altra faccia dei Mondiali, è seguire le storie di 6 ragazzini italiani, in viaggio con ActionAid in questi giorni in Brasile, per incontrare 6 loro coetanei della favela di Passarinho. Un viaggio che può far crescere nei piccoli calciatori italiani la consapevolezza che i loro coetanei brasiliani, a dispetto della distanza, della lingua e di condizioni economiche disagiate, inseguono il loro stesso sogno: avere un futuro migliore. E per dare tutti insieme un calcio alla povertà. 
(Stefano Baldini)

23 Giugno 2014
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