6:03 am, 16 Maggio 14 calendario

Video CANNAVACCIUOLO DIRETTORE DI METRO

Di: Redazione Metronews
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È uno degli chef più noti d’Italia. Appartiene al lungo stuolo dei cuochi tv, ma è il meno “fighetto” delle star del fornello. È Antonino Cannavacciuolo, protagonista su Fox Life della versione italiana di “Cucine da incubo” di Gordon Ramsay. Lo chef extralarge, diventato un mito per teleascoltatori e ristoratori in crisi (il format racconta di come Cannavacciuolo risollevi le sorti di locali a un passo dal baratro), ieri ha diretto Metro.
IL VIDEO DELLA GIORNATA IN REDAZIONE:  http://youtu.be/9m5Hti711ik
Chef, ce lo dica subito: tra le centinaia di vip che ha “sfamato”, quale è stato quello che l’ha emozionata di più?
Senza dubbio  Maradona. Ho palleggiato con lui in sala. Nei tre giorni che è rimasto a Villa Crespi (il suo ristorante sul Lago D’Orta, ndr) mi ha raccontato dei primo tempi a Napoli, che chiamava la mamma in lacrime. Per molti napoletani, quelli che fanno tre ore di fila in posta per una cosa che al Nord fai in 10 minuti, quell’uomo è stato un riscatto.
E chi desidererebbe fosse suo ospite?
 Napolitano, in questo periodo ha bisogno di essere consolato e coccolato, ma lo vorrei invitare con Renzi. È troppo agitato quel ragazzo, vorrei calmarlo un poco. Oppure De Laurentis, per dargli qualche suggerimento sulla gestione del Napoli.
Da personaggio televisivo, com’è cambiata la sua vita?
La gente mi ferma per strada, vuole farsi i “selfie” con me, è una cosa che mi fa piacere, ma la mia popolarità deve sempre essere al servizio della buona cucina. Sono grato a Fox che mi ha dato questa possibilità, ma sono e resterò sempre un cuoco.
Come si informa: legge i giornali o guarda la tv?
Mio papà guardava ogni giorno il tg e questa cosa mi è rimasta. Torno a casa e metto sulle news, a ogni ora. Il giornale non ho tempo. C’è stato però un tempo in cui compravo il “Mattino”, anche sul Lago D’Orta, mi faceva sentire a casa. Leggevo di calcio e di cronaca nera.
Il suo punto di forza e quello debole?
Il rispetto per i territori e i loro ingredienti e  la conoscenza dei prodotti e delle loro stagionalità. La mia cucina non è mai uguale, nasce giorno per giorno a seconda di ciò che la natura ci offre. Il mio punto debole è l’acqua, non potrei mai starle lontano: sono nato al mare e vivo accanto a un lago, l’acqua è vita e io lontano da essa appassisco.
Quella del food è una mania spinta dai media, o gli italiani hanno finalmente riscoperto uno dei loro tesori?
È un grandissimo tesoro, è cultura, e negli ultimi anni i media ci hanno dato una mano a riscoprire la nostra tradizione. Non posso pensare che un romano non conosca la pajata; che un campano non sappia capire se una mozzarella è buona; che un trentino non abbia mai assaggiato i canederli. Ma, al contempo, vorrei anche che il trentino conoscesse la pajata e il campano i canederli: non bisogna mai rimanere stretti nei propri limiti regionali. La mia cucina è contaminazione di tradizioni. La cucina in tv è importante se serve a fare cultura, ma non si diventa grandi chef andando in tv, il talento è la base di tutto, poi bisogna studiare, sudare e faticare.
Le piace Eataly?
Ci sono dei bei prodotti e Farinetti è un grandissimo imprenditore. E poi è  una cosa italiana.
L’istituto alberghiero ha registrato l’80% in più di iscrizioni: è la strada giusta per seguire i suoi passi?
Se mio figlio mi dicesse: “Voglio fare lo chef”, ne sarei felice, ma non gli farei fare l’alberghiero, piuttosto il liceo linguistico. E lo esorterei a fare esperienza sul campo: prima lo terrei con me, poi, una volta appresa una sua intuizione culinaria, lo manderei all’estero per specializzarsi.
Come sceglie i tirocinanti?
Io sono andato in Francia per uno stage: lì mi hanno visto e non mi hanno chiesto neanche i documenti. In Italia posso solo prendere dalle scuole, altrimenti è considerato lavoro nero. Sono sbagliate le regole: perché non posso comunicare all’Inps che Rossi è venuto da me a fare lo stage di tre mesi, trascorsi i quali o lo assumo, o sparisce dalla cucina? Se fai un controllo e lo trovi ancora lì, allora mi multi.  Così molti ragazzi potrebbero lavorare.
Lei ha criticato il sito Tripadvisor…
Tripadvisor permette di dare opinioni, nel bene e nel male. La critica è costruttiva, ma non quando diventa invidia, antipatia, o peggio, è manipolata. Ci sono persone che fanno false recensioni per raggiungere lo status di “esperto”. Ci sono siti, meno conosciuti, come il “mangione”, che filtrano. La soluzione sarebbe allegare alle recensioni la ricevuta del pasto. Così si vedrebbe chi ha mangiato in un locale e chi no.
Per avere un ristorante di successo, si deve essere grandi chef o grandi imprenditori?
Entrambe le cose. Sono cose che si possono insegnare, ma purtroppo la nostra scuola non lo fa più. Molti dei ristoranti che ho vistato per “Cucine da incubo” non andavano male per problemi legati alle capacità degli chef, ma per motivi imprenditoriali, per errori di gestione elementari.
Cosa desidera uno chef di successo?
Dare spazio alla propria creatività, fare cultura della buona cucina, essere un esempio anche a livello imprenditoriale.
Da quale collega andrebbe a mangiare e da chi invece mai e poi mai…?
Andrei da tutti i colleghi per capire, confrontarmi. Se in un posto non ho voglia di andare, è perché non considero un “collega” lo chef in questione. Anche se non c’è bisogno di essere stellati per proporre cose eccellenti, a volte le perle più rare si trovano nei luoghi più inaspettati. 
Dove si vede tra 25 anni?
Tra 25 non lo so, tra 10 mi vedo su un gozzo a pesca a largo di Sorrento.
Andrea Sparaciari

16 Maggio 2014
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