12:12 am, 15 Maggio 14 calendario

Caso Musy per il teste fu vendetta politica

Di: Redazione Metronews
condividi

Sui «commenti rancorosi e di vendetta» fatti da Francesco Furchì in una telefonata riferendosi ad Alberto Musy «intendevo nel senso politico del termine, l’ho intesa come vendetta politica». A parlare è il professor Pier Giuseppe Monateri rispondendo in aula alle domande dell’avvocato Gianpaolo Zancan, legale della moglie del consigliere comunale dell’Udc ferito in un agguato il 21 marzo 2012 e morto dopo 19 mesi di coma, sulle parole pronunciate in una telefonata da Francesco Furchì, l’uomo accusato del delitto.  «Capita a tante persone di sbottare per telefono» ha aggiunto Monateri. Sui contatti con Furchì, Monateri ha sottolineato di averlo incontrato «solo due volte», mentre sulle presunte pressioni affinchè Musy, che era in commissione, favorisse il figlio dell’ex ministro Salvo Ando caldeggiato da Furchì  in un concorso universitario a Palermo ha ribadito «non feci mai nessuna pressione su Musy su alcun candidato, non ne parlammo mai». «Non ci fu alcuno screzio con Alberto, avevamo un’amicizia di più di un quarto di secolo» ha sottolineato Monateri. Ma l’udienza di ieri è stata caratterizzata anche un da un giallo relativo all’identikit del killer fatto dalla polizia sulla base della testimonianza di una ragazza che raccontò di aver incrociato l’attentatore poco dopo il delitto. L’identikit, che non corrisponde alla fisionomia e alla descrizione di Furchì, non era agli atti ed è stato acquisito. La testimone, ieri, ha detto però di non ricordare più nulla, scatenando il disappunto dei giudici: «forse oggi ha meno senso civico di allora» le ha detto il presidente.
(rebecca anversa)

15 Maggio 2014
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il giornale
Più letto del mondo