Libri/Fioly Bocca
6:00 am, 29 Giugno 17 calendario

I diversi si incontrano e conoscono se stessi

Di: Redazione Metronews
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ROMANZI Argea si risveglia in ospedale, accanto a lei c’è Gualtiero, il suo fidanzato. Come mai si trova li?  Ha investito un passante? Lo ha travolto con la sua auto? Zeligo, rifugiato bosniaco senzatetto, è in coma. Le uniche cose che ha con sé sono una carta di identità scaduta e la foto di un bambino. Nessuno va mai a trovarlo e Argea attraverso di lui viene a contatto con un mondo sommerso, che la attrae e la spaventa. In  “Un luogo a cui tornare” (Giunti, 250 pagine, 12,90 euro), Fioly Bocca ci regala un romanzo di profonda umanità 
Come avviene l’incontro di queste due diversità?
Quello tra Zeligo e Argea è a tutti gli effetti uno scontro, sia materialmente che emotivamente. Ci vorrà del tempo e una propensione all’ascolto per incontrarsi su un territorio comune, per superare la diffidenza reciproca.
Cosa impara lei da lui e viceversa?
Argea impara da Zeligo  la necessità di accettare le proprie emozioni e vivere il momento senza lasciarsi travolgere dall’ansia per quello che verrà dopo. Per dirla con Zeligo, a fare il meglio che si può delle cose che accadono. Zeligo impara dalla donna a lasciare che qualcuno si prenda cura delle sue ferite. Impara ad accettare un dono, una carezza.
Da dove ha tratto questa storia? Ha fatto ricerche sul campo?
Zeligo ha un passato da profugo bosniaco; mi sono molto documentata su questo aspetto del suo vissuto, anche se nel racconto è solamente accennato.
Che relazione c’è con la situazione italiana?
Nel libro emerge una realtà in cui esiste una contrapposizione sempre più marcata tra classi più e meno abbienti che non dipende solo dalle condizioni economiche: da una parte Argea appartiene a un gruppo di persone completamente assorbite dal lavoro, da una quotidianità stressante. Zeligo, invece, è senza casa né professione, senza appuntamenti e orari da rispettare, la sua vita è apparentemente cristallizzata in una sequenza sempre uguale di riti minimi: fare la fila per una notte in un dormitorio, aspettare un pasto caldo o qualche coperta distribuita dai volontari.
ANTONELLA FIORI

29 Giugno 2017
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