Massimo Blasoni
6:00 pm, 6 Aprile 16 calendario

Sulla previdenza invertiamo la rotta

Di: Redazione Metronews
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Il governo sta cercando le risorse necessarie per l’ennesimo bonus ‘elettorale’ di 80 euro promesso ai pensionati al minimo? Forse i suoi tecnici farebbero meglio a dare prima un’occhiata non distratta al baratro apertosi nei conti dell’Inps. Ammonta infatti a oltre 11 miliardi all’anno la perdita di bilancio che l’Istituto subisce regolarmente dal 2012 (quando ha incorporato l’Enpals e soprattutto l’ex Inpdap) e che stima di registrare anche a fine 2016. Il suo patrimonio netto – che cinque anni fa misurava oltre 40 miliardi di euro – è ormai diretto verso la completa erosione e con esso i 21 miliardi di euro incassati tramite un intervento straordinario di ripianamento delle perdite risalente a due anni fa. Nella migliore delle ipotesi, a fine anno non dovrebbe infatti superare gli 1,8 miliardi, costringendo così Palazzo Chigi a un ennesimo intervento di salvataggio.
A questa situazione drammatica l’Inps è giunto anche a causa della sottostima nei suoi bilanci preventivi della svalutazione dei crediti, ovvero di quella parte dei contributi che l’ente previdenziale si attende inizialmente di riscuotere ma che nei fatti viene persa. Una massa di denaro che cresce al ritmo medio di 740 milioni al mese e che a fine anno dovrebbe superare quota 104 miliardi. Lo stesso Istituto svaluta al 99% i crediti risalenti fino al 2009 (pari a 42,8 miliardi), riconoscendone quindi la sostanziale irrecuperabilità. Per il triennio successivo la svalutazione è del 55% per le gestioni dei lavoratori dipendenti e gli agricoli, mentre è del 30% per gli artigiani e i commercianti e si limita al 10% per la gestione separata. Sui crediti relativi all’ultimo triennio è infine proposta una svalutazione media del 10%.
Questo deficit strutturale di gestione prova l’insostenibilità del nostro impianto previdenziale: un modello pubblico e monopolista che elude il mercato, i cui disavanzi sono ripianati dalla fiscalità generale e che non riuscirà a salvarsi con una tardiva transizione al sistema contributivo. Invertiamo subito la rotta: ai lavoratori deve essere finalmente lasciata la possibilità di decidere dove investire i propri contributi, optando tra una molteplicità di soggetti finanziari accreditati e vigilati dallo Stato.
MASSIMO BLASONI
Imprenditore e presidente del Centro studi ImpresaLavoro

6 Aprile 2016
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