Massimo Blasoni
4:29 pm, 31 Marzo 16 calendario

Serve una ricetta liberista senza esitazioni

Di: Redazione Metronews
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Mentre la teoria keynesiana ha sempre privilegiato il consumo secondo logiche sostanzialmente meccanicistiche (illudendosi che fosse sufficiente elargire risorse per mettere in moto lo sviluppo), gli economisti liberali – da Jean-Baptiste Say fino a Joseph Schumpeter e Israel Kirzner – hanno insistito correttamente a più riprese sul ruolo imprescindibile dell’iniziativa imprenditoriale.
Questa economia dell’offerta, basata sull’idea che senza produzione e senza una produzione ispirata dalla ricerca della soddisfazione del pubblico non ci può essere crescita né sviluppo, fu anche alla base della rivoluzione reaganiana degli anni Ottanta. Senza la cosiddettasupply-side economics, che valorizzava appunto il ruolo delle imprese e della creatività del lavoro, non ci sarebbe stata, ad esempio, la Silicon Valley e tutto quello sviluppo di informatica e telematica che ha radicalmente cambiato il nostro modo di vivere e produrre. Questa strada orientata verso liberalizzazioni e privatizzazioni radicali è ineludibile e, nel contempo, concretamente realizzabile.
Nel 2015 abbiamo assistito a tre fenomeni. Primo, il debito pubblico è aumentato di ulteriori decine di miliardi e le serie degli ultimi anni fanno pensare a una progressione inarrestabile. Secondo, il gettito tributario è restato sostanzialmente pari a quello del 2014, malgrado l’incremento della pressione fiscale su cittadini e imprese. Terzo, la crescita non riparte in termini sufficienti e il Pil reale è inferiore oggi a quello di 15 anni fa.
Perciò, o si chiudono entrambi gli occhi e si spera in una ripresa generalizzata che ci trascini (ma va ricordato che, diversamente dall’Italia, la maggior parte dei Paesi europei ha oggi un Pil reale maggiore di quello pre-crisi) e si accetta il rischio di un graduale impoverimento, oppure va approvata una ricetta liberista estrema, senza tentennamenti. Porre le istituzioni e gli italiani dalla parte della produzione (essendo ognuno di noi produttore) significa pensare che le idee e l’efficienza del lavoro, in un contesto fortemente semplificato e con minore presenza dello Stato, sono l’unica possibilità per uscire dal tunnel e lasciare uno spazio alle speranze dei nostri figli.
MASSIMO BLASONI
Imprenditore e presidente del Centro studi ImpresaLavoro

31 Marzo 2016
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