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7:06 pm, 10 Agosto 20 calendario

Bonus, caccia ai furbetti Autodenuncia di una consigliera

Di: Redazione Metronews
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“Apprendo che sarei coinvolta nello scandalo dei furbetti del bonus e mi autodenuncio”. Così scrive in un post su Facebook Anita Pirovano, consigliera comunale di Milano, eletta nella lista di sinistra “Milano progressista”’. 
L’autodenuncia. “Non vivo di politica perché non voglio e non potrei – precisa – non potrei perché ho un mutuo, faccio la spesa, mantengo mia figlia e, addirittura, ogni tanto mi piace uscire e durante le ferie andare in vacanza. In più ho studiato fino al dottorato e all’esame di stato per diventare psicologa e ricercatrice sociale, professione in cui negli ultimi tempi mi sembra spesso di essere “piu’ utile” alla società che in consiglio comunale (attività a cui comunque dedico tutto il tempo non lavorato e la passione di cui sono capace)”. Avere un lavoro (nel mio caso più d’uno in regime di lavoro autonomo) – afferma inoltre – mi consente di essere “più libera” nell’impegno politico presente e ancora più nelle scelte sul futuro, per definizione incerto”. È il primo nome a emergere nella lunga lista (circa duemila persone) dei cosiddetti “furbetti dei bonus”. Parlamentari, presidenti di regione, consiglieri regionali e comunali che, durante il periodo di lockdown, hanno richiesto il bonus da 600 euro (che non era vincolato a fasce di reddito) pur percependo stipendi provenienti dalle casse pubbliche. La lista dei furbi top, cioè coloro che hanno le cariche più elevate (e gli stipendi più sostanziosi) è ricercata più del santo Graal in tutti gli ambienti ma fino ad ora, a parte la consigliera Anita Pirovano, nessun altro si è autodenunciato. 
Le reazioni. Nel frattempo i partiti stanno reagendo in ordine sparso. Salvini aveva prima detto che “i furbi andrebbero cacciati”, poi ha virato sulla sospensione. Non concederebbe sconti il Movimento 5 Stelle che annovera tra le sue fila almeno un parlamentare col bonus. Di Maio ha tuonato via Facebook: “Dalla lettura dei giornali di questa mattina emerge un quadro sconcertante. Oltre ai 5 deputati furbetti, ci sarebbero altri 2.000 politici tra amministratori locali e regionali in tutta Italia ad aver fatto richiesta del bonus partita Iva destinato ai liberi professionisti in difficoltà per l’emergenza Covid. Siamo davanti a fatti di una gravità assoluta. I nomi devono essere resi pubblici. Gli italiani hanno il diritto di sapere chi ha tradito la loro fiducia. Questa gente non deve più avere l’occasione di rivestire una carica pubblica. Hanno remato contro il Paese nel momento più difficile. Hanno offeso la nostra bandiera, hanno offeso la memoria di chi non ce l’ha fatta. Hanno macchiato il nome dell’Italia nel mondo ed è giusto che paghino. Non possono e non devono passarla liscia”, ha aggiunto Di Maio.
Rinuncia alla privacy. Su proposta del reggente Crimi, ha poi rinunciato alla privacy chiedendo agli altri di fare altrettanto. Sulla stessa linea gli altri partiti mentre Ettore rosato, di Italia Viva, accusa l’Inps: “Questo modo di fare servizio pubblico da parte dell’Inps è barbaro. A noi di Italia viva non risulta che alcun parlamentare appartenente al nostro gruppo abbia chiesto il bonus. Invitiamo formalmente Inps che ha diffuso questa informazione a smentire la notizia del nostro coinvolgimento o a rendere pubblici i nomi”, ha scritto in un post.
È intervenuto sul tema anche il presidente della Camera Roberto Fico: “E’ indegno che dei parlamentari della Repubblica italiana chiedano quegli aiuti destinati alle partite Iva in difficoltà. È un comportamento intollerabile e incomprensibile. Chiedo a queste persone di uscire pubblicamente, chiedere scusa e ridare i soldi indietro. Questo lavoro ha bisogno di senso di responsabilità e della consapevolezza del senso vero e profondo delle istituzioni. Gli eletti che rappresentano il popolo non possono tenere un comportamento del genere”. 

10 Agosto 2020
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