Maurizio Baruffaldi
5:31 am, 2 Aprile 19 calendario

Di quel maestro e di certi genitori

Di: Redazione Metronews
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Non è un fatto di cronaca nera da consumare come un gelato, con la consueta morbosità rapida e perversa. Il suicidio da impiccato di un maestro francese cinquantasettenne, è la goccia che distilla da un calderone bollente. Così come la massa pubblica sta progressivamente innalzando l’ignoranza a bene comune e supremo (è il più simile a me, che non so una mazza, il portatore di verità), la scuola ha lentamente erosa l’autorevolezza dei suoi massimi esponenti, gli insegnanti. I genitori si sentono in dovere di contestare ogni cosa, di difendere il pargoletto, sempre e comunque. Le istituzioni scolastiche sono pavide, per quieto vivere.
E poi. Per un insegnante che fa male il suo lavoro, magari anche incompetente, almeno altri dieci sono da encomio, per pazienza e competenze; necessarie a gestire una generazione di individualisti, veloce di testa, ma alla quale sono state prescritte valanghe di indulgenze. Quella del bambino di sei anni che è riuscito a far perdere la pazienza a un uomo che tutte le testimonianze raccontano appassionato, disponibile, era una famiglia tradizionale. Che per un graffietto ha sporto denuncia. Tradizionalissime anche quelle che hanno telefonato al maestro insultandolo.  
Una vicepreside che conosco mi racconta la fatica burocratica di gestire la scuola, in questo continuo conflitto con qualche genitore, sempre pronto a dire la sua su pulizia dei bagni, o qualche altra puttanata per sentito dire. Compreso il tempo che brucia la documentazione da produrre per la questione vaccinati sì, vaccinati no, tempo rubato alla gestione dell’insegnamento. I genitori sono una jattura. Fuori dalla scuola, sciò! Il lavoro è a casa, dove tutto succede; in quelle ambigue mura si deve imparare la responsabilità personale e il rispetto. E se ripensare al povero maestro mi fa torcere le budella, mi costringo anche a pensare alla potenza tragica del suo gesto, a quell’istante muto che ha tuonato contro la volgarità dilagante. Grazie. E perdonaci.
MAURIZIO BARUFFALDI

2 Aprile 2019
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