Uranio impoverito
11:56 pm, 7 Febbraio 18 calendario

“L’uranio impoverito ha ucciso i nostri soldati”

Di: Redazione Metronews
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Roma – L’uranio impoverito è il responsabile delle morti dei soldati italiani. Undici parole importanti. E per emetterle la politica ha impiegato 18 anni. Nel frattempo questa verità è stata affermata nei tribunali e, all’estero, nei consessi scientifici. Ma è la prima volta che la politica italiana lo ha ammesso.
“Sconvolgenti criticità” sono state scoperte nel settore della sicurezza e della salute sul lavoro dei militari “in Italia e nelle missioni all’estero, che hanno contribuito a seminare morti e malattie“. A scriverlo nero su bianco è stata la quarta commissione d’inchiesta sull’uranio impoverito  nella relazione finale presentata ieri in conferenza stampa dal presidente Gian Piero Scanu. Scatenando la reazione dello Stato Maggiore della Difesa: “Le forze armate respingono con fermezza le inaccettabili accuse”, hanno scritto. Sottolineando di non aver mai usato l’uranio impoverito. Ma la relazione non muove tale accusa. L’uranio impoverito – come Metro scrisse nel 2003 – è responsabile della generazione di nanoparticelle capaci di indurre i tumori che hanno colpito anche i militari. La relazione finale, approvata con soli due voti contrari, è frutto di un lavoro trasversale. La Commissione si è occupata anche dell’amianto, dei vaccini, e dei poligoni militari. “Garantire al meglio la sicurezza e la salute dei militari non è un sogno, è un atto dovuto”, ha detto Scanu. 
Uranio impoverito: atti in procura per cercare i responsabili
Non ha usato mezzi termini il presidente Scanu nel j’ai accuse lanciato a nome di tutti i membri della commissione (meno i due che hanno votato contro, Mauro Pili e Elio Vito):  la “diffusa inosservanza degli obblighi (…) risulta perfettamente funzionale a una strategia di sistematica sottostima, quando non di occultamento, dei rischi e delle responsabilità effettive”. Le criticità rilevate  “hanno contribuito a seminare morti e malattie“, mentre dai vertici la risposta è stato il “negazionismo” che ha diffuso un senso di ingiustizia nelle vittime.  Fondamentale è stata l’audizione del prof. Giorgio Trenta, presidente dell’associazione italiana di radioprotezione medica che il 23 marzo 2016 ha riconosciuto la responsabilità dell’uranio impoverito nella generazione di micropolveri e nanoparticelle che possono indurre i tumori che hanno colpito i nostri militari. Prova che aveva già dimostrato con le sue ricerche la scienziata Antonietta Gatti, consulente della Commissione, con l’ausilio di un microscopio a scansione elettronica. Fatto sta che adesso anche per la politica non ci sono dubbi: e infatti la Commissione ha trasmesso gli atti alla procura militare e della Repubblica di Roma. “Perchè vengano individuati i responsabili”.
Amianto sulle navi e nelle caserme
Sono almeno 1101 i militari che sono morti o ammalati per l’amianto che era presente sulle navi, gli elicotteri, gli aerei e le caserme. Un numero spaventoso, quasi irreale per la sua tragica portata. Anche questo dato è emerso dalla relazione della Commissione uranio che si è occupata a tutto tondo della salute dei soldati.
Il picco dei casi di mesotelioma è atteso tra il 2015 e il 2020 visti i tempi di latenza di queste malattie. La commissione ha anche sottolineato che durante le missioni all’estero gli stessi vertici militari non conoscono quali armamenti pericolosi per la salute vengano impiegati da Paesi alleati. Nella relazione si specifica anche che questi risultati sono stati inviati al Presidente del Consiglio dei ministri e ai ministeri competenti per insediare un tavolo di lavoro in materia di sicurezza e superare criticità quali ad esempio la difficoltà di individuare il datore di lavoro che abbia autonomi poteri decisionali e di spesa. Insomma, quello dei militari è un mondo specifico, sì, ma per dirla con le parole di Scanu questa “specificità non debba più essere una debolezza”. Un altro aspetto da superare è la cosiddetta “giurisdizione domestica”, ossia che a giudicare e stabilire che la vigilanza sui luoghi di lavoro passi dal ministero della Difesa a quello del lavoro. Come per gli altri lavoratori. Questo aspetto fa parte della proposta di legge Scanu firmata da quasi tutta la Commissione e rimasta lettera morta in questa legislatura.
I poligoni: mai più terra di nessuno
Il comandante del poligono dovrà rendere conto anche del singolo proiettile esploso:  le parole del presidente Scanu sottolineano uno dei risultati più eclatanti della Commissione e che riguarda i poligoni militari di Torre Venere (Lecce), Perdasdefogu e soprattutto Capo Teulada, che mostra nelle foto satellitari la zona interdetta diventata una discarica di armamenti. La commissione è riuscita a far passare in legge di Bilancio nuove regole per i poligoni all’insegna della totale trasparenza, e ha predisposto anche che ci sia una rapida attività di recupero dei colpi affinchè non si disperdano polveri che possano contaminare l’ambiente e i centri abitati adiacenti. “Non ci sarà mai più una penisola interdetta, mai più militari morti senza un perchè”. Il riferimento è alla Penisola Delta del Poligono di Capo Teulada, utilizzata da oltre 50 anni come zona di arrivo dei colpi, permanentemente interdetta a persone e mezzi. Le immagini satellitari ritraggono una discarica non controllata: sulla superficie tonnellate di residuati con cospicue quantità di inquinanti in grado di contaminare suolo, acqua, aria, vegetazione, animali. “L’omessa bonifica per ragioni di convenienza economica e il prosieguo delle esercitazioni sono scelte strategiche che stonano rispetto all’allarme di cittadini e istituzioni”, è scritto nella relazione.
I vaccini: fronte aperto
Tra i temi esaminati anche la profilassi vaccinale sul personale militare. E’ stata una delle polemiche che ha caratterizzato la vicenda: c’è stato, nel corso degli anni, chi ha cercato di ridimensionare il ruolo dell’uranio giustificando le malattie con l’uso dei vaccini. Come sempre, la verità è sfumata. Alcune criticità rispetto alla somministrazione dei vaccini la Commissione le ha rilevate: “Nell’ottica della riduzione dei rischi di effetti negativi conseguente all’uso di vaccini in dosi multiple, la Commissione raccomanda l’utilizzo di vaccini monodose, stante la concreta possibilità che il militare, data l’età adulta, risulti già immunizzato”, c’è scritto nella relazione. Non più di cinque vaccini in un’unica dose, insomma, tra le prescrizioni raccomandate per evitare un eccessivo stress vaccinale. Perchè il rischio è che ci siano reazioni tossiche. “Date alcune criticità riscontrate – ha detto in conferenza stampa  il vicepresidente Ivan Catalano – abbiamo analizzato la metodologia della somministrazione e anche i contenuti degli stessi vaccini che ci sono stati forniti dall’Agenzia italiana del farmaco. Abbiamo ricevuto una serie di informazioni e di dati che abbiamo inserito come allegato alla relazione e  inviato all’Istituto superiore di Sanità per verifiche medico scientifiche”.
STEFANIA DIVERTITO

7 Febbraio 2018
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