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2:25 pm, 4 Settembre 17 calendario

Nucleare, il test idrogeno fa tremare il mondo

Di: Redazione Metronews
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La Corea del Nord fa letteralmente tremare l’Estremo Oriente. Un test nucleare – il sesto nella sua storia – ha provocato un terremoto di otre 6 gradi di magnitudo, sentito anche in Cina e in Russia e seguito da un altro terremoto di 4 gradi quando la grotta sotterranea teatro del test è crollata. Cosa che peraltro fa temere possibili rischi di contaminazione radioattiva. Inoltre come sempre le provocazioni di Kim Jong-Un hanno plurimi messaggi politici. Senz’altro quello generico e generale al mondo e agli Stati Uniti sulla accresciuta potenza e capacità nucleare nordcoreana, a scopo di deterrenza e di alzare il prezzo di qualsiasi trattativa. Ma non è certo un caso se l’esplosione è avvenuta nel giorno dell’inaugurazione in Cina del vertice Brics, che raccoglie le superpotenze emergenti, vale dire Brasile-Russia-India-Cina- Sudafrica, mettendolo in qualche modo in ombra e modificandone di fatto l’agenda. La Corea evidentemente manda messaggi anche ai Paesi che in qualche modo continuano a offrirle sponda, cioè Cina e Russia. Le reazioni di Mosca e Pechino sono state dure e piccate, ma come molti continuano a ritenere che l’unica soluzione sia il negoziato diplomatico. Ben diverso il messaggio di Trump: “La Corea del Nord capisce un solo linguaggio, e non è quello del dialogo”. Dove porterà questa ulteriore escalation è difficile prevederlo: in teoria è chiaro che nessuno vuole una guerra, se non altro perché le conseguenze negative sarebbero certamente peggiori di qualsiasi vantaggio positivo se ne possa ottenere. Il regime infatti sarebbe certamente spazzato via (e quindi non ha interesse a cominciare un conflitto, ma al contrario trae vantaggio dal renderlo impossibile, perché il suo unico obiettivo è l’autoconservazione), mentre per americani e alleati il costo della guerra sarebbe quello di una vera ecatombe in Corea del sud e forse anche in Giappone.
Il test idrogeno. Pyongyang ha testato una bomba a idrogeno, cioè un ordigno termonucleare paragonabile a quelli disponibili negli arsenali delle grandi potenze. Una bomba cinque volte più potente di quella esplosa a Nagasaki. L’esperimento confermerebbe non solo la potenza che la corea è stata capace di raggiungere, ma soprattutto la capacità di rendere l’arma atomica trasportabile su un missile. Il che va letto di pari passo con lo sviluppo dei test missilistici realizzati anche nelle ultime settimane dalla Corea del Nord. Lanci di vettori balistici intercontinentali (ICBM) che non hanno evidenziato solo la grande gittata raggiunta da questi missili, ma soprattutto altri progressi tecnologi meno visibili ai profani ma determinanti per i tecnici: in particolare ciò che è legato alla capacità di montare le bombe nucleari nelle testata (una cosa è sperimentare una bomba atomica grande quanto un appartamento, un’altra cosa è saperla miniaturizzare in modo da poterla trasportare su un missile), e al “veicolo di rientro”, cioè allo strumento che deve saper sganciare la bomba dal vettore e ricondurla dalla stratosfera al bersaglio sulla terra. Sembra che questi che erano i maggiori ostacoli per gli ingegneri della Nord Corea siano stati superati.
I progressi nucleari e missilistici della Corea del Nord. Il primo test nucleare nordcoreano avvenne il 9 ottobre 2006: fu Kim Jong-il (padre dell’attuale leader nordcoreano) a far detonare un con potenza inferiore a un chilotone (pari alla deflagrazione di mille tonnellate di tritolo. Il 25 maggio 2009 il secondo test, di potenza stimata tra i due e i sei chilotoni. Il 12 febbraio del 2013 c’è il terzo test al sito di Punggye-ri, il primo sotto la guida di Kim Jong-un. La prima prova relativa a una bomba all’idrogeno avvenne cl quarto test il 6 gennaio del 2016. La quinta esplosione il 9 settembre del 2016, in occasione del 68/mo anniversario della fondazione dello Stato, raggiunse la potenza di 10 chilotoni, record fino ad ora per la Corea del Nord. L’ultimo test infatti secondo le prime ipotesi potrebbe essersi avvicinato a una potenza di 100 chilotoni. Il tutto con la Bomba H, o all’idrogeno, una bomba a fusione termonucleare incontrollata, molto più potente delle prime bombe atomiche, che erano a fissione. Nella bomba all’idrogeno si avvicendano in rapidissima successione processi di fissione-fusione-fissione: la bomba a fissione più interna esplode, innescando la fusione termonucleare dei nuclei degli atomi leggeri dello strato intermedio, che provoca a sua volta la fissione nucleare del materiale più esterno. Per quanto riguarda l’arsenale missilistico, esso è in parte avvolto nel mistero, ma Pyongyang dispone di diversi tipi di missili e i suoi recenti esperimenti hanno confermato la capacità di raggiungere distanze di migliaia di chilometri. Anche i missili a corto raggio come i Rodong sono comunque in grado di portare testate atomiche e di colpire Corea del Sud e Giappone. Il Nodong ha invece un raggio medio di 1300 chilometri. Ma nelle ultime settimane la Corea è entrata nel club degli ICBM, i missili balistici intercontinentali. Il Musudan ha una gittata di 3.500 km. Che potrebbe essere sufficiente a colpire anche le basi USA ad Okinawa e Guam. I Hwasong 12 e 14 testati a luglio e agosto possono invece percorrere distanze anche tra i 10.000 e gli 11.500 km. in grado di colpire gli Stati Uniti e anche l’Europa.
Le armi nucleari nel mondo. La minaccia nucleare nordcoreana, che coinvolge anche gli arsenali di Usa, Cina e Russia, è lo specchio di una ripresa del pericolo atomico che è ben lontano dalla scomparire nonostante la conclusione della guerra fredda. Ci sono meno armi nucleari di prima, nel complesso, ma sempre più che sufficienti a distruggere più e più volte il pianeta. Tanto più che non sono gestite solo dagli apparati di Stati Uniti e Unione Sovietica, ma sono in mano a diverse realtà, alcune come la Corea del Nord apparentemente ben poco razionali. Solo nel 2010 a Praga i presidenti americano Obama e russo Medvedev firmarono il trattato New START che sostituisce tutti gli accordi precedenti: START I (scaduto nel dicembre del 2009), START II e SORT. Lo Start 1 fu firmato il 31 luglio 1991 dall’allora presidente dell’Unione Sovietica Mikhail Gorbaciov e dal presidente Usa George Bush padre. Start-1 prevedeva la riduzione degli arsenali nucleari della metà, portandoli a 6.000 testate per potenza. Un bel passo avanti rispetto alle 30 mila armi nucleari degli Usa nel 1965 o alle oltre 40 mila sovietiche del 1985 (allora come ora occorre distinguere tra testate strategiche, testate non strategiche, riserve, e armi in via di smantellamento). Nel 1993 (era Clinton) arrivò Start-2, che portava a 3.500 le testate ma mai ratificato. Furono Bush figlio e Putin nel 2002 a raggiungere un nuovo accordo per ridurre le armi nucleari a 1.700/2.200 a testa, ma la Russia poi non ha più ratificato il trattato, fino a che è arrivato New START, sulla base di una riduzione delle testate entro una forbice di 1.500-1.675 e dei vettori tra 500 e 1.100. Per l’effettiva valenza dell’accordo bisogna comunque tener presente due fattori di segno opposto. Da un lato, quante delle testate da smantellare siano in realtà armi desuete non più funzionali in un mondo dagli equilibri tanto diversi da quelli dell’epoca della Guerra fredda. Dall’altra quanto invece le nuove tecnologie consentano di cambiare le carte in tavola, con meno armi ma più potenti e sofisticate, e allo stesso con meccanismi (il più semplice è quello delle multi-testate) che rendono più difficile un conto effettivo.
Le testate. Sono ancora circa 15.000 le testate nucleari negli arsenali delle nove nazioni al mondo a esserne dotate, con Russia e Stati Uniti che contano da soli per il 93% del totale. Di queste, più di 10 mila si trovano nelle scorte militari (le altre sono in attesa di smantellamento), 4.200 delle quali schierate con le forze operative. Di queste 4.200, ben 1.800 sono pronte a essere lanciate con un breve preavviso.  In termini numerici gli accordi tra Usa e Russia sono importantissimi e determinanti, ma in termini politici non hanno più quel valore di “firma a nome di tutti” che un tempo credevano di avere. Ricordiamo infatti che di potenze nucleari ce ne sono già adesso diverse: Gran Bretagna (215 testate), Francia (300), Cina (260), India (120), Pakistan (140). Più le 80 mai confermate e mai smentite di Israele e quelle ormai confermate della Corea del Nord. India e Pakistan rappresentano altre realtà nucleari sempre al centro di preoccupazioni, con persino ripetuti scontri di confine. Il Pakistan preoccupa poi per la sua instabilità. A chi possono finire in mano quelle testate nucleari che da subito hanno fatto gola ai jihadisti? A quale tipo di regime o gruppo di potere? Come si possono inserire nel contesto del risveglio fondamentalista islamico e del terrorismo internazionale? Ricordiamo poi come sia stata la rete dello scienziato pachistano Khan, forse con la copertura di qualche autorità, a disseminare segreti nucleari in giro per i Paesi meno raccomandabili. Di Israele solo un accenno: il suo eventuale arsenale nucleare (qualche riferimento esplicito è scappato anche a qualche leader israeliano di primo piano, destando scalpore) gli ha finora consolidato la superiorità strategica nell’area, di fatto assicurandogli la sopravvivenza, senza che si sia mai manifestata l’intenzione di distruggere qualche Paese vicino. Ma la possibile atomica iraniana porta con sé una serie di trasformazioni di tutto il contesto geostrategico, e cambia quindi anche il ruolo delle bombe israeliane, inserite non più in riserva, ma in un contesto ad alto rischio. La Cina è una potenza in ascesa che sta investendo molto nel riarmo e ambisce alla parità strategica con gli Stati Uniti. Le contese geopolitiche che la riguardano e che potrebbero accendere micce incontrollabili sono molte, dalle isole del Mar Cinese Meridionale alla stessa Corea del Nord che è comunque sotto la sua ala protettiva: c’è chi dice che Pyongyang stia sfuggendo al controllo cinese, e chi invece pensa che sia sempre Pechino a manovrare il suo alleato. Anche Putin – come Trump – ha promesso di rimodernare il proprio arsenale nucleare, e avrebbe già fatto passi concreti verso nuove e più potenti armi.
OSVALDO BALDACCI

4 Settembre 2017
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