Dopo le stragi la mafia resiste
L’OPINIONE 19 luglio 2017, Palermo, azzerato il clan Brancaccio. La mafia continua a vivere in mezzo a noi. Riina dice che può stare in galera altri tremila anni. Come la camorra e la ’ndrangheta, zero sconfitte. Definitive. Per il procuratore Pignatone è colpa del terrorismo. Quello degli anni Ottanta, delle Brigate rosse. I migliori investigatori stavano alle calcagna del partito armato. Così mafia e ‘ndrangheta si sono organizzate e, zitte zitte, hanno preso il territorio. A 25 anni dalla strage di via d’Amelio, in eredità, ci rimane l’omertà. Il silenzio. Il brand mafioso per eccellenza. L’unica certezza che si ripresenta è la solitudine di quel magistrato. E’ stato lasciato solo. Isolato. Dai suoi colleghi magistrati. Parti dello Stato, avidi di solidarietà, hanno coltivato, nell’oblio assordante, il germe della criminalità. L’hanno fatta prosperare.
Troppi sono gli errori e le incertezze delle indagini, ha detto il Presidente Mattarella. Speriamo non sia un temporaneo sfogo ad uso e consumo delle commemorazioni. Perché le figlie di Borsellino hanno puntato il dito contro i magistrati e le personalità che occupano posti di rilievo. Siamo sicuri che tutto va bene?
L’Italia, una delle potenze industriali del mondo, ha regioni intere nelle mani della Piovra. Questo grigio fumo di Londra è così plasmato nella vita quotidiana che non ci fa alcun effetto. Mentre stiamo affaccendati in altre faccende, c’è chi ci fa le scarpe. Questa porzione comportamentale ha creato l’isolamento di Borsellino, portandolo alla morte. Un servitore dello Stato ucciso dallo Stato. Da noi. Lasciamo per casa, ogni giorno, un post-it , un memo che serva a strattonare la nostra indolenza prostrata all’ipocrisia di facciata.
MAURIZIO GUANDALINI
Economista e giornalista – Fondazione Istud
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