La Portman regista sceglie Amos Oz
ROMA La madre sogna senza tregua e sorride al bambino raccontandogli i suoi sogni come favole. La madre sogna, ma per lei il sogno è la vita che si sta costruendo, minuto per minuto e, nella sua Israele, strada per strada. Sognare per lei è vivere e quando il sogno va a sbattere contro la solita deludente realtà anche la sua vita crolla e il bambino che osserva questo crollo, questo vuoto, diventa di colpo grande.
Più tardi scriverà tutto questo nel suo “Una storia di amore e di tenebra”. Lui è Amos Oz, uno dei più grandi scrittori israeliani, e Natalie Portman ha scelto proprio questa storia e questo libro per debuttare dietro la macchina da presa in “Sognare è vivere” (da giovedì in sala).
«Perché quelle pagine mi hanno commosso – spiega – Ho deciso subito che sarebbe stato il mio film. Molte delle sue storie appartengono anche a me, alla mia famiglia: dalla passione per i libri e l’arte all’amore per Israele e per l’Europa. Insomma tutto mi è familiare di ciò che lo spettatore vedrà. Pensavo a questo film da molto tempo e ho cercato di usare la mia esperienza di attrice per mettere sul set tutti a proprio agio, cosa fondamentale per poi chiedere il massimo».
Così la Portman, oltre che regista anche dolente madre che sogna un nuovo Stato in Israele, una nuova libertà e poi precipita nel buio della mente.
Racconta come da neomamma si è avvicinata al personaggio: «L’essere diventata mamma mi ha aiutato da un lato, ma mi ha reso il percorso più complesso dall’altro perché in quanto madre l’idea di allontanarmi da mio figlio mi è incomprensibile. Del resto Amos Oz ha riempito il vuoto lasciato dalla madre di parole e pensieri e io vorrei che il film facesse anche pensare a come è difficile essere madri».
SILVIA DI PAOLA
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